«NO!»

Ferie prenatalizie – 23 dicembre
A pochi passi dal mistero del Natale, la liturgia torna a proporci la figura di Giovanni Battista, non più però come ardente profeta da ascoltare e seguire, ma come un bimbo che nasce portando con sé viva gioia e incontenibile speranza. Otto giorni dopo il parto, secondo le tradizioni giudaiche, il bambino viene portato per la circoncisione e per l’assegnazione del nome. Mentre tutti vogliono chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria, la madre irrompe sulla scena con una solenne obiezione:

«No, si chiamerà Giovanni» (Lc 1,60)

La diversità di significato tra i due nomi non sembra poi così rilevante: Zaccaria significa “Dio ricorda”, mentre Giovanni “Dio usa misericordia”. Ma tra i due c’è una sottile, fondamentale differenza. Il primo è un dito puntato verso il passato, alla storia di salvezza costruita da Dio lungo la storia: i suoi interventi, i suoi prodigi, la sua fedeltà. Suggerisce il criterio che il passato debba orientare il presente. Il secondo nome focalizza l’attenzione sul presente e su ciò che il Signore, adesso, è intenzionato a fare. Promuove il criterio che l’attualità della storia è (anche) libera dai suoi condizionamenti pregressi. L’impatto di questa scelta di Elisabetta sul marito rimasto muto (e sordo) è terapeutico:

All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua,
e parlava benedicendo Dio (1,64)

Mentre noi pensiamo che un’esistenza sia drasticamente segnata dalla sua storia e dalle sue condizioni iniziali, il mistero dell’Incarnazione proclama invece che tra le premesse e lo sviluppo di una vita umana ci sia soprattutto la grazia di una sempre possibile discontinuità, una certa presenza di Dio che strappa il nome di ogni persona da qualsiasi destino già deciso e scritto. La misericordia del Signore non è attributo statico della sua bontà, ma dinamismo che opera continuamente nella storia, soccorrendo le ferite e le mancanze che ogni storia umana porta con sé.

«Chi sopporterà il giorno della sua venuta? 
Chi resisterà al suo apparire? 
Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai» (Ml 3,2)

Come Elisabetta, dobbiamo solo imparare a dire «no» alla venuta di qualsiasi altro giorno in cui ci venga annunciato meno di questo: la venuta del Signore come un fuoco inarrestabile, capace di purificare ogni ferita e di restituire pienezza alla nostra povera terra. Sempre assetata di verità. Profondamente ansiosa di donare il suo frutto più bello. 

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