RICHIEDERE

Ferie prenatalizie – 22 dicembre
La figura — soprattutto l’atteggiamento — di Maria accompagna gli ultimi passi del cammino di Avvento verso il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio. Nel momento dell’annunciazione, la vergine di Nazaret viene colta dall’evangelista in un atteggiamento che non smette di provocare a conversione. Sul più bello, quando la proposta di Dio si dichiara in tutta la sua audacia di amore, Maria osa chiedere. Non una rassicurazione, ma un’indicazione: «Come sarà questo?» (Lc 1,34). La figura — soprattutto l’atteggiamento — di Anna, la madre di Samuele, ci mostra cosa conviene fare dopo aver chiesto al Signore.

«Per questo fanciullo ho pregato 
e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto.
Anch’io lascio che il Signore lo richieda: 
per tutti i giorni della sua vita è richiesto per il Signore» (1Sam 1,27-28)

Mentre rallegrarsi significa “chiedere”, ringraziare vuol dire “permettere a Dio di chiedere”. Anzi, lasciarlo libero di “richiedere” le cose che ci ha donato. Questa è la forma più sicura di libertà dal possesso e dagli esiti, che spesso abbiamo paura di introdurre nel nostro modo di vivere e di gestire le cose. Ed è un peccato, perché lasciar libero Dio è davvero il modo migliore per entrare nel ritmo della storia e scoprire la traiettoria della sua volontà. Non quella dove i bravi e i forti stanno avanti, ma quella dove i poveri sono innalzati, gli umili messi al centro. 

«L’anima mia magnifica il Signore [...] 
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 
ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili (Lc 1,46.50-52)

Maria intona il Magnificat a nome di tutta l’umanità, perché scopre che essere guardati dal Signore, in tutta la nostra piccolezza, significa essere ri-chiesti dalla sua grazia. Per questo non esita a riconscersi “serva” e a proclamare che tutta la nostra storia “serve” a Dio e al suo disegno di salvezza. Ogni luce e ogni ombra è richiesta dalla sua incarnazione, perché il cielo non si vergogna mai della nostra terra e della nostra storia. Con tutta la pasta della nostra fragile e fallibile umanità, il Padre tesse — e ritesse — il mistero del suo Figlio fatto uomo. A noi spetta solo il compito di offrire quello che «è richiesto per il Signore», mettendo nella mani di Dio ciò che siamo e abbiamo. Anche quelle cose che la sua provvidenza ha «rovesciato», «disperso» e «rimandato». Sono le nostre scomode, dolorose, indispensabili strofe da aggiungere al Magnificat che continua a far grande il nome del Dio che ha voluto farsi piccolo. 

Commenti