TAGLIARE

XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
Altrimenti — se non impariamo ad abbracciare e lasciarci abbracciare (cf. domenica scorsa) — diventiamo intolleranti. Infatti, o impariamo a costruire buoni rapporti con i nostri limiti, oppure il tentativo di essere più grandi degli altri si traduce presto o tardi in atteggiamenti rigidi e settari. Fino a quando non siamo in pace con noi stessi, non possiamo che mal sopportare la vita che si manifesta lontano dai nostri recinti di controllo. La reazione del Signore Gesù davanti a questa grettezza del cuore è risoluta. Tagliente e bellissima. 

Escludere
«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38). Sono proprio le labbra dell’apostolo Giovanni a tradurre in parole quel sentimento di antipatia che è possibile provare di fronte a qualcuno che manifesta una certa bellezza e verità nel suo agire, senza appartenere però al gruppo di coloro che la pensano come noi. Pur facendo parte di una società in cui il libero pensiero — e la libera prassi — sembra essere un valore acquisito, ci scopriamo e ci mostriamo tutti molto intolleranti, quando vengono toccate questioni di fondo sui cui, forse, così liberi come vorremmo, in fondo, non siamo. Se il problema che turba Giovanni è il fatto che la persona capace di scacciare i demòni nel nome di Gesù non segue il gruppo dei discepoli, quello di Giosuè, «figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza» sembra essere la rabbia di fronte a una improvvisa capacità di profetizzare che due uomini maturano restando nell’accampamento, senza nemmeno fare la fatica di uscire per andare alla tenda dell’incontro col Signore: «Mosè, mio Signore, impediscili!» (Nm 11,28). C’è qualcosa di comprensibile in queste reazioni — perché la gelosia tutti la conosciamo — ma anche di patetico ed evanescente. Ogni volta che cerchiamo di impedire che negli altri si manifesti la vita, in forme superiori o più autentiche, di quanto stia avvenendo in noi, assomigliamo a bambini capricciosi che puntano i piedi, e chiudono gli occhi mentre risplende la luce. Dio non ha nessuna intenzione di escludere, semmai molte difficoltà nell’includere, passando (anche) attraverso di noi: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!» (Nm 11,29). 

Includere
La risposta del Signore Gesù di fronte al desiderio di tagliare chi non appartiene alla cerchia dei discepoli è perfettamente in linea con quella di Mosé: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,39-40). La scelta dell’Incarnazione, fatta da Dio, coincide con la rinuncia ad avere un diritto di monopolio e di controllo sul bene e sulle sue possibili manifestazioni. Avendo abbracciato tutto l’uomo e tutta l’umanità, Dio ha dichiarato — per sempre — che il suo principale interesse non è mettere la firma ovunque, ma che ovunque ci sia la firma del bene, di cui egli è — molto serenamente — l’unica e genuina fonte: «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» (9,41). Chi fa esperienza di questa passione d’amore per l’uomo, in tutte le sue forme e con tutti i suoi limiti, non può più indulgere in atteggiamenti di esclusione. Nemmeno quando le azioni degli altri mettono in discussione o in ombra la fatica della nostra fedeltà. Facile, infatti, è includere quando noi restiamo saldi nelle nostre posizioni di potere e di prestigio. Meno scontato è includere quando, improvvisamente, veniamo privati di quella posizione di primo piano a cui ci siamo affezionati. Eppure sono proprio quest’ultime le occasioni in cui, come Dio, possiamo imparare a gioire e a godere della vita degli altri.

Tagliare
Se c’è qualcosa da tagliare, sembra dire Gesù nella seconda parte del vangelo, questo va cercato anzitutto in noi stessi: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala» (9,43); «E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo» (9,45); «E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via» (9,47). Piuttosto che escludere l’altro, dobbiamo imparare a escludere quella parte di noi che è ancora intollerante perché non ha ancora trovato la strada per «entrare nella vita» (9,43.45) e «nel Regno di Dio» (9,47). Indubbiamente i tagli servono nella vita. Anzi, sono addirittura necessari se vogliamo che le nostre relazioni — anche quelle più belle e sante — ci conducano alla libertà dell’amore più grande. Ma i tagli da cui dobbiamo sempre partire non sono le virtù — o i difetti — degli altri, ma le ombre del nostro cuore, ancora così piccolo, pavido e geloso. Ancora ignaro di essere tempio e dimora del Dio che vuole includere ogni cosa nel suo Regno di vita e di amore. Scegliendo di non escluderci mai niente e nessuno, bensì di includerci persino «mentre eravamo ancora peccatori» (Rm 5,8), il Signore Gesù ci ha mostrato quanta misericordia può scaturire da un cuore che si lascia raggiungere e trafiggere dalla vita degli altri fino ad averne infinita compassione. Per un simile modo di vivere, bisogna essere disposti a pagare qualsiasi prezzo. Soprattutto a non avere mai paura di rimanere nel numero di «questi piccoli» (Mc 9,42) che, bisognosi di «bere un bicchiere d’acqua» (9,41), attestano il cuore di Dio, rendendolo accessibile a tutti. 

Commenti

fralorenzo68 ha detto…
Grazie f. Roberto per la tua riflessione...Grazie e buona Domenica!!
pax tibi....