PREFERENZE

XXIII Domenica del Tempo Ordinario — Anno B
Il miracolo che Gesù compie, riscattando un sordomuto dal suo isolamento, è riconosciuto e acclamato dalla folla come il compimento delle antiche Scritture di Israele: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» (Mc 7,37). Ciò che i profeti non hanno mai esitato a ricordare al popolo è che Dio, pur essendo «immune da favoritismi personali» (Gc 2,1), non smette mai di avere un occhio preferenziale per Israele, così come per tutti coloro che rischiano di essere sbalzati dal treno della storia, a causa dell’arroganza dei potenti o dell’indifferenza sociale. L’apostolo Giacomo ricorda ai primi cristiani come questo criterio di scelta debba plasmare la vita della comunità: «Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?» (2,5). 

Chiusura
Mentre si trova in pieno territorio pagano, Gesù è condotto all’incontro con un uomo rimasto privo di parole, sprovvisto della capacità di ascoltarne e pronunciarne il suono. Altri, infatti, devono farsi ambasciatori della sua personale afflizione: «E lo pregarono di imporgli la mano» (Mc 7,32). In quest’uomo possiamo cogliere il simbolo di un autismo esistenziale purtroppo così diffuso ai giorni nostri. Nati per essere in relazione — con Dio e con gli altri — siamo scivolati nel desiderio di una vita tutta orientata verso un ingannevole individualismo. Creati per conoscere e per farci conoscere ci muoviamo invece tutti i giorni in un deserto di consapevolezze tristi e solitarie. Dedichiamo energie alla cura di noi stessi, diventando persino belli, bravi, efficienti, eppure analfabeti sul piano degli affetti e delle relazioni.. Efficienti e spenti, sempre connessi ma purtroppo insensibili. Di fronte a questo scenario — già i profeti dicevano — «giunge la vendetta, la ricompensa divina» (Is 35,4). Dio non resiste, non può proprio accettare che la nostra vita sia una una fuga dai rapporti e una lenta chiusura in noi stessi. 

Separazione
Forse anche per questo il primo gesto che Gesù compie su quest’uomo è sottolineare la condizione di estraneità alla vita e agli altri in cui si trova: «Lo prese in disparte, lontano dalla folla» (Mc 7,33). Questo miracolo, compiuto lontano dai riflettori, ricorda a ciascuno di noi che esiste una dimensione nel rapporto con Dio che non può risolversi insieme ai fratelli — attraverso i preziosi atti comunitari della fede — ma soltanto dentro i sacri confini di un incontro personale. Del resto, molte delle cose più importanti, la vita le regala proprio in disparte, quando ci troviamo improvvisamente a subire il peso di una sosta o l’angoscia di una solitudine. In questi momenti, la preghiera nostra e dei fratelli ci rivela che proprio questi imprevisti possono diventare l’anticamera di importanti trasformazioni che la nostra umanità da tempo invocava e attendeva. Autentici momenti di grazia in cui lo Spirito del Signore, silenziosamente, ci offre nuovi punti di partenza. 

Apertura
Ponendo le sue dita negli orecchi e la sua saliva nella bocca, il Signore Gesù fa sentire al sordomuto tutta la potenza delle opere e delle parole di Dio e lo abilita ad annunciarne la verità e la bellezza: «gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”» (7,33-34). Per far percepire la profondità e il dono di libertà che Dio è capace di restituire all’uomo, Gesù compie un gesto che porta a compimento tutta la speranza profetica: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Is 35,5-6). Non diversamente da quanto il profeta Isaia riesce a fare, ridando voce alla speranza perduta di un popolo smarrito nel tempo dell’esilio: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio» (35,4). Del resto, ricominciare a gustare la presenza e il sapore della salvezza di Dio attraverso i nostri sensi è la guarigione sufficiente a compiere l’esodo fuori dai recinti di ogni isolamento in cui possiamo sprofondare: «E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente» (Mc 7,35). Per poi tornare a cercare — e a seguire — quel Dio che, pur non facendo preferenze, sempre preferisce restituirci alla vita. 

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