TUO FRATELLO

Sabato – II settimana del Tempo di Quaresima
Le letture di questo sabato toccano un punto delicato e cruciale nel cammino di conversione a cui la Quaresima sta orientando i nostri passi. Il profeta Michea, facendosi voce in un popolo stanco e stremato, bisognoso — come noi — di vivere libero dai sensi di colpa e fiducioso in un futuro pieno di speranza, canta la bellezza di un Dio rivelatosi come alleato, tenero e forte come un Padre. 

Quale Dio è come te, che toglie l’iniquità 
e perdona il peccato al resto della sua eredità?
Egli non serba per sempre la sua ira, 
ma si compiace di manifestare il suo amore (Mi 7,18)

Nel farsi la domanda e poi la risposta, l’uomo di Dio non è chiuso in un monologo. Non se la sta raccontando per poter accettare il peso della vita e il rischio dell’imprevisto. Sta cercando Dio nel silenzio del gioco di libertà di cui siamo tutti partecipi. Quel gioco in cui siamo costretti a dire — e a dirci — se viviamo solo sopra la terra o sotto il cielo. Un cielo mite, paziente, disposto a tutto pur di rimanere fedele a se stesso e a noi. 

Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo, il tuo amore, 
come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi (7,19-20)

L’immagine di un Dio disposto a gettare in fondo al mare — dove difficilmente le cose possono essere ritrovate — è stupenda. Dice in cosa consista la preferenza che il Signore ha per noi, anziché per le cose che facciamo. Dice quanto è disposto a non giudicare pur di non essere giudicato altro che Padre. Qualcosa di questa incrollabile solidarietà nei nostri confronti deve aver intuito il figlio minore della parabola. Il suo ritorno nella casa del padre resta uno dei nuclei incandescenti del vangelo. 

Quando era ancora lontano, suo padre lo vice, 
ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò (Lc 15,20)

In questo meraviglioso incontro, nel quale il bisogno di essere abbracciati sembra raggiunto — e superato — da un altro bisogno altrettanto importante che è quello di abbracciare, il volto di Dio si rivela insieme al cammino necessario a noi per conoscerlo fino in fondo. Scoprire di essere amati, infatti, è necessario ma non sufficiente a salvare tutta la nostra vita. Sappiamo bene come sia possibile ritrovarsi arrotolati nell’egoismo e nella chiusura anche dopo aver ricevuto tanto bene e amore. Nella triste figura del figlio maggiore, scopriamo il nome del cammino che resta, dopo aver scoperto di essere figli. 

Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato (15,31-32)

Non basta sapere che i nostri peccati stanno già in fondo al mare, che il conto con il passato è sepolto sotto la misericordia di Dio. Non è sufficiente comportarsi bene e tornare sui propri passi, dopo essersi accorti di aver sbagliato o varcato certe soglie. Occorre riconoscere nell’altro il nostro fratello e nei sentimenti di rabbia e giudizio che ancora ci abitano tutta la realtà del nostro non essere ancora figli. Figli di colui che fa splendere — ogni giorno — il suo sole sopra i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti. Nell’attesa, fiduciosa, che tutti si convertano a immagine della sua giustizia e della sua bellezza. Come fratelli.  

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