CHIEDERE E CREDERE


Annunciazione del Signore
Giunti ormai verso la fine della Quaresima, la solennità dell’Annunciazione ci offre quasi un ristoro, prima dell’ormai prossima immersione nella forza rigenerante del mistero pasquale. Prima di raccontarci la sofferta e appassionata adesione di Maria all’annuncio di Dio, la liturgia ci fa ascoltare nella profezia di Isaia la difficoltà con cui il re Acaz interpreta la sua libertà davanti a Dio. 

Il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, 
dal profondo degli inferi oppure dall’alto. 
Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore» (Is 7,10-12)

È una grande tentazione, e una pericolosa mistificazione, chinare il capo davanti a Dio, quando ci troviamo nel bisogno e nella possibilità di chiedere un segno capace di orientare il nostro cammino. È sciocca e inutile umiltà non esplicitare quello che abbiamo dentro, se il cielo ci sta facendo capire che tocca proprio a noi parlare, manifestarci, esprimere richieste e desideri. Purtroppo è molto facile scivolare in questa paralisi della voce e del cuore. Perché le ferite ci insegnano che tacere è meglio, che illudersi non paga. Niente di tutto questo appare invece nel cuore della giovane di Nazaret, la Vergine che non sembra avere alcun timore nel gettare a Dio il guanto della sfida. 

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, 
poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34)

Intuendo che Dio aveva bisogno di lei, del suo corpo, dei suoi giovani affetti, della sua umanità al femminile, Maria comunica con molta libertà il suo bisogno di essere illuminata nel profondo del suo cuore. Comprende che l’avventura della vita conosce accelerazioni improvvise e invita a compiere passi enormi, impossibili. Per questo deve assicurarsi solo di una cosa: che questo non sia un sacrificio, ma un olocausto di amore. 

Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. 
Allora ho detto: «Ecco, io vengo» (Eb 10,5-6)

La medesima proposta — per altre vie, ma con la stessa intensità — bussa alla nostra porta proprio in questi giorni di Quaresima. A noi Dio rivolge l’invito a essere un luogo santo dove la sua Parola di salvezza desidera diventare storia sacra e nuova umanità. Proprio noi, che ancora una volta ci siamo incamminati verso il mistero pasquale di Cristo, siamo chiamati a convertire il cuore all’amore più grande, ad ascoltare il canto dell’Annunciazione, che comincia sempre allo stesso modo, con un invito a riconoscere quanta benevolenza ha finora accompagnato il corso della nostra esistenza. 

Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te (Lc 1,28)

Maria si fece trovare, disse: «Sono qui», «Eccomi». Lo fece credendo che, mentre il cuore era pieno di paura, la sua vita era piuttosto piena di benedizione. Che i motivi per sorridere erano infinitamente maggiori di qualsiasi ragione per piangere o declinare l’invito del cielo. Non ebbe paura di credere, perché non esitò a chiedere. Anche noi sapremo cambiare qualcosa della nostra vita e del mondo, solo se sapremo dialogare con Dio là dove siamo ancora in attesa di comprendere in che modo la nostra esistenza può diventare un dono d’amore. Chiedere, ascoltare, esclamare: in questo piccolo itinerario si consuma ogni attesa di incarnazione.

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola» (1,38)

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