INCREMENTARE

Martedì – V settimana del Tempo Ordinario
Il disegno originario di Dio sulla creazione, documentato dal racconto della Genesi, ci fa contemplare oggi un vertice di bellezza e di responsabilità. A differenza del resto del creato, il Signore Dio riserva alla formazione dell’umanità — maschile e femminile — la manifestazione di uno speciale sentimento di contentezza e, quasi, di paterno orgoglio. Tutto è buono, ma l’uomo è “molto” buono, perché creato a sua «immagine» e secondo la sua «somiglianza». Ai primi commentatori del testo sacro non è sfuggita questa ridondanza di espressioni, giungendo subito a un’intrigante interpretazione. Mentre l’essere fatti a immagine di Dio è puro dono, la chiamata a diventare anche simile a lui è un compito affidato alla nostra libertà. 

«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo 
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
[...] Dio vide quanto aveva fatto, ed, ecco, era cosa molto buona (Gen 1,27-28.31)

Il dono di essere stati posti all’interno di una relazione così particolare con il Creatore non ci esime — al pari delle altre specie animali — dalla responsabilità di dover, ogni giorno, obbedire a un primo grande imperativo: crescere e incrementare gli spazi di vita, per noi e per tutti. La benedizione di questo comando, posto come un segno e un sigillo sulla nostra vita, è la gioia e la fatica del nostro essere umani. Eppure, è anche la prima trasgressione in cui cadiamo, ogni volta che ci impaludiamo nel labirinto delle cose consentite e delle ritualità sterili. 

«Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: 
“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. 
Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini» (Mc 7,6-8)

I farisei e gli scribi apostrofati dal Signore Gesù sono accusati di usare la fede per venir meno alla loro fondamentale chiamata, attraverso una formale adesione alla prassi religiosa in cui si nasconde l’oblio e la dimenticanza del comandamento di Dio. Si tratta della tentazione di mettere a posto la coscienza, anziché comprometterla con la realtà scegliendo e decidendo il meglio possibile. Un grave rischio da cui nessuno deve sentirsi al riparo, perché «di cose simili» tutti ne facciamo molte. Il solo antidoto a questo velenoso modo di decrementare la creazione consiste nel recuperare lo sguardo di Dio sulla realtà. La nostra, anzitutto. Riuscire a vedere che tutto — proprio tutto — è molto buono. E cessare da ogni lavoro. Con amore, attendere che le cose abbiano l’occasione di rivelare la loro meravigliosa origine, il loro celeste destino. 

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