APRITI!

Venerdì – V settimana del Tempo Ordinario
L’astuzia del serpente — animale subdolo che, come il sospetto, si insinua senza dare nell’occhio — non consiste tanto nel mentire, ma nell’aggredire il limite, facendolo diventare odioso e intollerabile. Rivolgendo la parola alla donna — attaccando cioè la “matrice” della vita — il serpente morde e avvelena la nostra creaturalità, mascherando il narcisismo in progresso, dichiarando che l’autonomia non è morte, ma emancipazione. 

«Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste 
si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gen 3,4-5)

La promessa non è falsa — infatti, si avvererà — e non è ingannevole la prospettiva. Dio non ha creato l’uomo per mantenerlo nelle tenebre e nell’ignoranza, ma per renderlo partecipe di tutta la sua realtà e dei suoi doni. Il veleno contenuto in queste parole è tutto racchiuso nel progetto di giungere a un approfondimento dello sguardo e della conoscenza rimuovendo il vincolo di dipendenza dal Creatore. Il serpente dice alla donna che “chi fa da sé, fa per tre”. L’esito lo conosciamo a memoria.  

Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; 
intrecciarono foglie di fico e de ne fecero cinture (3,7)

Il frutto del peccato è amaro non perché sia un incremento di vista e di conoscenza, ma perché questo incremento è, inevitabilmente, seguito da una diminuzione di libertà e di fiducia nei confronti degli altri, della realtà, quindi anche di Dio. L’uomo che viene condotto dal Signore Gesù nel vangelo sembra incarnare tutte le conseguenze del peccato, dinamica ingannatrice che isola anziché favorire la comunione. Per riaprire i canali ostruiti che lo hanno condotto in questa condizione, Gesù compie un segno sulle orecchie e poi uno sula lingua.

[...] guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse:
«Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, 
si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente (Mc 7,35)

Prima le orecchie e poi anche la lingua. Non il contrario come noi vorremmo fare, bruciando le tappe che vogliono — e devono — prima purificare il cuore ingannato, e poi riscattare anche le labbra annodate. La guarigione, il perdono dal peccato, è sempre una maggior apertura nei confronti della realtà. Anche se, inizialmente, può coincidere con la necessità di dover andare un po’ in disparte, lontano dai rumori e dalle convenzioni. Dove possiamo finalmente scoprire come Dio reagisce di fronte al nostro peccato: passeggiando, nell’attesa di riaprire la nostra vita inceppata a nuovi e più felici percorsi.

Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio 
che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, 
e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, 
in mezzo agli alberi del giardino (Gen 3,8)

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