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Mercoledì – I settimana del Tempo Ordinario
Una profonda libertà interiore risplende — e sorprende — nelle scelte mattutine del Signore Gesù, dopo il primo giorno che l’evangelista Marco ci ha raccontato con il primo capitolo del suo vangelo. All’apice di un grande successo, mentre si trova esattamente sulla cresta dell’onda — come i discepoli si premurano di sottolineare: «Tutti ti cercano!» (Mc 1,37) — ecco l’inattesa decisione con cui Gesù sceglie di congedarsi dalla folla, anziché rimettersi a riempire il pozzo — mai colmo — dei suoi desideri. 

Ed egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là;
per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38) 

La folla è andata in visibilio, i discepoli vorrebbero sfruttare il picco di audience così rapidamente raggiunto, invece Cristo decide di andarsene via, frettolosamente, senza troppi salamelecchi. Certo, sarebbe stato un suo diritto godere un poco della popolarità acquisita dopo aver fatto tanto bene a molte persone, dopo essersi consumato nell’ascolto e nella compassione. Invece, la preghiera vissuta nel «buio» di «mattino presto» (Mc 1,35), lontano dal clamore degli eventi, convince il cuore di Gesù che il diritto di riposarsi o di godere un po’ del successo ottenuto potrebbe facilmente trasformarsi nella tentazione di acquistare potere e dominio sulla vita degli altri. E che, in fondo, esiste una scelta migliore da fare: alzarsi e partire. Per rimanere libero di amare e di servire ancora. Per restare partecipe e non padrone della nostra realtà umana. 

Fratelli, poiché il figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo
ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte 
colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, 
per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita (Eb 2,14-15)

La lettera agli Ebrei fornisce una chiave per comprendere dove si radica la scelta di Gesù. Dopo essersi preso cura della nostra umanità inferma e impura, il Maestro si sottrae all’illusione della (troppo) facile compassione e relativizza il bene — pur necessario — di essere sollievo alla febbre e al malessere. Il suo desiderio si spinge fino a volerci liberare dalla paura di servire, che sempre nasce dal sospetto di servire a poco, se non a nulla. 

Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, 
per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio (2,17)

Gesù sceglie di continuare a servire altrove, per spalancare — a sé e a noi — le porte che conducono in fondo alla scelta di incarnazione. Anche noi, ogni giorno, dobbiamo imparare a scansare i facili entusiasmi e i rapidi riconoscimenti, se vogliamo entrare nella vita vera. Abbiamo bisogno di uscire dai ruoli, dalle etichette, dalle aspettative — non solo dai vizi e dai peccati — per arrivare a scoprire quanto Dio può farci diventare diventare dono e sollievo per chi giace o cammina accanto a noi.

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