OLTRE LE LACRIME

Memoria di Santa Maria Maddalena
Se gli occhi — come dicevano gli antichi — sono lo specchio dell’anima, le lacrime sono la manifestazione dei suoi imprevedibili moti, «lo sciogliersi del suo ghiaccio» (H. Hesse). Quando l’oceano dei nostri affetti fuoriesce attraverso il pianto, spesso ci troviamo immersi nel buio e nella desolazione di una notte profonda. Ma una notte che è giunta al suo cuore, è una notte che volge ormai al suo termine. Questa è stata l’esperienza di Maria di Magdala, una delle donne che ha seguito e servito il Signore Gesù da quando era in Galilea fino alla sua salita  Gerusalemme (cf. Mc 15,41). Nelle parole di libertà e nei gesti d’amore del Maestro, Maria aveva finalmente incontrato qualcuno — e non più qualcosa — per cui piangere. A questa donna il Signore risorto non ha esitato affidare «il primo annunzio della gioia pasquale» (colletta) quando era «ancora buio» (Gv 20,1), prima dell’alba.

Ma alla grandezza del dono corrisponde l’intensità della speranza, a causa della quale sul suo «letto, lungo la notte» (Ct 3,1), Maria non è stata proprio capace di rimanere. Si è alzata, ha fatto «il giro della città per le strade e per le piazze» con un solo, struggente desiderio: «voglio cercare l’amore dell’anima mia» (3,2). Il suo cuore non ha avuto paura di mettersi alla ricerca di ciò che le mancava, ha sfidato la notte con tutti i suoi terrori. Maria Maddalena si è recata «al sepolcro di mattino», prima dell’alba, nell’ora in cui la luce manca ancora, e proprio allora «vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro» (Gv 20,1).

Il suo itinerario sofferto e appassionato si è compiuto attraverso le lacrime che, come un indispensabile collirio del cuore, hanno purificato la sua capacità di cogliere nella realtà le tracce del suo amato «Signore» (20,13). Il culmine drammatico del suo cammino di ostinata fiducia nell’amore del Padre manifestato nella carne del Figlio è avvenuto esattamente nel momento in cui «non sapeva» (20,14) di essere già giunta di fronte al suo desiderio profondo: «Donna perché piangi? Chi cerchi?» (20,15).


Tutto questo diventa per la Chiesa — per noi — un bellissimo vangelo. Nei momenti in cui abbiamo l’impressione di essere immersi in una interminabile oscurità, quando il peso della realtà ci pare insopportabile, solo la caparbietà e l’imprudenza dell’amore possono condurci all’incontro con il Signore risorto. La speranza della vita che non finisce fa breccia dentro di noi quando è ancora buio, quando le cose restano avvolte nella penombra, prive di senso e direzione. La gioia della risurrezione di Cristo è un’impalpabile felicità che non può mai essere afferrata — «Non mi trattenere» (20,17), dice il Risorto a Maria — ma sempre può e vuole rischiarare il nostro volto. Non è la soluzione a tutti i problemi di una vita che, in fondo, deve restare affidata anche alle nostre mani, eppure è forza nelle gambe e canto che fiorisce sulle labbra. La risurrezione del Signore Gesù, infatti, è un mistero che non può essere compreso. Il Risorto può essere incontrato e annunciato, ieri come oggi, oltre le lacrime: «Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: ‘“o visto il Signore!” e ciò che le aveva detto» (20,18).

Commenti

carla ha detto…
e se tu pensassi di raccogliere i tuoi illuminanti commenti alle scritture su carta stampata come facevano gli antichi?! Cmq GRAZIE. Carla