DOCILITÀ

XVII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Dopo averci parlato attraverso immagini di speranza (due domeniche fa) e di tolleranza (domenica scorsa), il Maestro Gesù conclude il suo lungo discorso con altre tre parabole, brevissime ma incredibilmente stimolanti: il tesoro nascosto, la perla preziosa, la rete (super)accogliente. Al termine di questa iniziazione ai misteri del Regno, il Signore si mostra serenamente preoccupato di aver recapitato il messaggio nel modo migliore: «Avete compreso tutte queste cose?» (Mt 13,51). 
Cercare
Che cosa è questo regno di Dio che si sviluppa nonostante le difficoltà, che cresce attraverso pazienza e tolleranza? Gesù abbrevia le spiegazioni, puntando all’essenziale: «è simile a un tesoro nascosto nel campo» (13,44), a «una perla di grande valore» (13,46). Davanti alle cose belle, quelle che si incontrano all’improvviso e si attendono da sempre, una persona ha una sola, universale reazione: «Va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra» (13,44.46) ciò che ha riempito d’incanto i suoi occhi. Ecco — sembra dire il Maestro — questa esperienza, non troppo frequente, eppure così facile da raccontare, è l’unica chiave per entrare nel mistero di Dio e nel «suo disegno» (Rm 8,28) di amore. La vita secondo il vangelo non è un faticoso programma di divieti e rinunce, ma una gioiosa e intrepida scelta delle cose migliori nascoste nel campo dell’esperienza umana. Chi scopre la logica delle beatitudini si ritrova spontaneamente a vendere «tutti i suoi averi», ma solo per acquistarne altri di maggior valore. Matteo ha vissuto in prima persona la verità di queste parabole, forse per questo è l’unico che si è ricordato di annotarle nel suo vangelo. Egli un giorno, mentre faceva l’esattore delle tasse per il governo romano, sedotto e attratto dal falso tesoro della ricchezza, ha incontrato nello sguardo di Cristo e nelle sue parole di misericordia una bellezza mai vista prima. Si è alzato di scatto, ha lasciato tutto, è «divenuto discepolo del regno dei cieli» (Mt 13,52). La sua conversione a causa di una meraviglia incontrata svela il senso anche dell’ultima parabola: «Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci...» (13,47-50). Chi trova il bello si abitua a cercare e a raccogliere bellezza in ogni direzione, ben sapendo che ci vuole e ci sarà tempo per «distinguere il bene dal male» (1Re 3,9). Chi entra nei parametri dell’amore non ha fretta di formulate giudizi, perché sa che saper scegliere (bene) il bene è il modo migliore per non temere ciò che «sarà alla fine del mondo» (Mt 13,49).

Valutare
Infatti, quello di cui dovremmo tutti essere preoccupati non è da che parte saremo quando «verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni» (13,49), ma da che parte siamo ora, cosa il nostro cuore sinceramente cerca, brama, attende. Nell’era dell’informazione circolano tante ricette di felicità: soldi, benessere, potere, piacere; chi si può dichiarare davvero estraneo al fascino che queste cose esercitano sul nostro desiderio? Esiste un solo antidoto a questa diffusa imprudenza che ci fa correre dietro falsi tesori. La Bibbia lo definisce «il discernimento nel giudicare» (1Re 3,11), «un cuore docile» (3,9) disposto a diventare «saggio e intelligente» (3,12), attraverso l’ascolto. È il regalo che Salomone scopre di poter chiedere al Dio che lo interroga: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda» (3,5). Salomone è solo un «ragazzo», ma ha già maturato una conoscenza profonda di se stesso, infatti non esita a dichiarare: «Non so come regolarmi» (3,7). Questa sua autocoscienza gli permette di non farsi incantare da cose di basso profilo, ma di domandare a Dio la perla preziosa: la capacità di distinguere il bene dal male. Il Signore obbedisce subito alla sua richiesta: «Ecco, faccio secondo le tue parole» (3,12). La figura di Salomone ci insegna a non essere ingenui nella ricerca delle cose che valgono. Se vogliamo realmente trovare ciò che nella vita è bello e prezioso dobbiamo imparare prima ad abbandonare ciò che non vale né il sudore della nostra fronte, né l’ansia del nostro cuore. Spesso viviamo coi remi in barca, ci lasciamo trascinare dalla corrente, senza riflettere su quello che facciamo, su quello che ci stiamo dando il diritto di desiderare. Inconsapevoli, distratti — in fondo anche un po’ complici — di fronte alle menzogne e ai compromessi che non abbiamo ancora saputo mettere alla porta. 

Estrarre
Ed è un vero peccato, perché poi, una volta tolto il male che seduce gli occhi e fiacca la volontà, scopriamo che essere cristiani è qualcosa di molto, molto naturale. Il Maestro conclude il discorso parabolico dicendo: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). La perla preziosa non è nascosta lontano, ma dentro di noi. Anzi, tutti noi possediamo già un tesoro, perché siamo un tesoro agli occhi di Dio, essendo «predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm 8,29). Dobbiamo solo imparare a usare saggiamente di questo bene ricevuto, tirando fuori ciò che la provvidenza di Dio vi ha posto con generosità. Le cose nuove sono le scelte che siamo chiamati a fare, adoperando ogni facoltà, sensibilità e intelligenza, fiduciosi che «tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio» (Rm 8,28). Sono le cose che non esistono ancora, ma possono venire alla luce attraverso di noi. Con passione e calma, con la fiamma del desiderio e la tranquillità del cuore. Sono le opere che il Signore ha affidato alle nostre mani e alla nostra creatività, per portare a termine il suo disegno. Le cose vecchie sono invece quelle che conosciamo e, magari, facciamo da tempo. Quelle cose che ci sono state insegnate, trasmesse, testimoniate: lavorare onestamente, sposarci, consacrarci a Dio e alla sua Chiesa, costruire insieme a tutti una società giusta e solidale, un mondo dove gli ultimi possono diventare primi a causa dell’amore. Se non “noi” chi potrà costruire quaggiù il regno di Dio? Noi poliedrici terreni che un giorno porteranno molto frutto, noi campi dove bene e male crescono insieme, noi tesori e perle preziose per cui Dio è disposto a fare pazzie. Capiremo, finalmente, «tutte queste cose?». 

Commenti

Anonimo ha detto…
Il verbo "comprare" implica l'azione "vendere"...( in un "passo" fu venduto\comprato per 30 denari...)
Non sempre chi "compra" condivide. Egoisticamente tiene per se, magari sotterrandolo nuovamente?