IL VIAGGIO DELLA VITA

Corpus Domini – Anno A
La solennità del Corpo e Sangue di Cristo non viene solo a ricordarci quanta intimità sia concessa e riservata a tutti coloro che celebrano nella fede il suo mistero pasquale. La parola di Dio contenuta nelle letture di quest’anno ci chiede di considerare il dono dell’eucaristia nella cornice del viaggio della vita, dove tutti ci scopriamo viandanti così uguali ai nostri occasionali o abituali compagni di viaggio. E sempre così bisognosi di ristoro, indicazioni e sostegno. 

Un solo viaggio
«Ricordati» (Dt 8,2) e non «dimenticare» (8,14) dice Mosè al popolo. L’eucaristia è anzitutto risurrezione della memoria. La domenica, attorno all’altare, noi ricordiamo insieme una realtà semplice e drammatica: la nostra vita è un viaggio, splendido e faticoso. In questo viaggio molte cose sono utili, una sola necessaria: sapere dove stiamo andando, conoscere il volto a cui tendono i nostri passi tendono. L’eucaristia che offriamo e riceviamo è il dono che ci aiuta a non dimenticare che nel viaggio della vita noi siamo scortati e accompagnati da un Dio che ci ha già fatto uscire da terre di morte. Inoltre dobbiamo ricordarci di un fatto molto misterioso: siamo briciole di vita sparse nel mondo, ma anche Dio ha voluto farsi briciola di pane per farci comprendere con quanta premura siamo accuditi e nutriti. Mentre attraversiamo «questo deserto grande e spaventoso» (8,15) che è la vita, Dio provvede a noi con amore fedele, donandoci tutto quello che ci serve. Soprattutto il segno (molteplice) del suo amore, perché egli sa bene che non possiamo vivere «soltanto di pane» (8,3), ma dobbiamo imparare a vivere di lui e della sua fedeltà. L’eucaristia è una terapia contro l’oblio della memoria: ci ricorda che siamo figli in cammino verso una Terra promessa. Che Dio è nostro padre e il suo amore non è né il diritto né l’opportunità di qualcuno, ma il destino di tutti. 

Un solo corpo
Le parole dell’apostolo Paolo rivelano un secondo importante significato che il Corpo e il Sangue del Signore vogliono esprimere. L’eucaristia è segno di comunione. Anzitutto con Dio: «Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?» (1Cor 10,16). Ma la nostra unione a Cristo deve poi trasformarsi in legami di amore e di fraternità fra di noi: «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (10,17). Ci sono infatti due epiclesi (invocazioni dello Spirito, nda) durante la preghiera di consacrazione della Messa. Nella prima il sacerdote chiede allo Spirito Santo di scendere sui doni che sono sull’altare. Nella seconda il sacerdote implora lo Spirito di scendere su tutta l’assemblea che ha offerto questi doni insieme alla propria vita: «Per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo» (preghiera eucaristica II). La stessa forza di unità che trasforma il pane e il vino nella presenza simbolica di Dio agisce anche su di noi per farci diventare visibile manifestazione di quella comunione d’amore che è la vita della santissima Trinità. Non possiamo dunque conservare divisioni, gelosie e rancori e illuderci di poter entrare in una comunione con il Dio (che è) amore. 

Una sola vita
Sono però le parole di Gesù a illuminare fino in fondo il dono e il significato di questa festa: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). Nutrirsi del corpo del Signore significa avere in noi la sua vita. Assimilare cioè il suo modo di essere, la libertà del suo vangelo, il respiro grande della sua visione del mondo e delle cose, la sua sete di giustizia e di verità. Celebrare l’eucaristia significa assumere — continuamente — la responsabilità di poter capire chi è Dio e, liberamente, scegliere di diventare come egli è. Mentre con i cibi naturali siamo noi a trasformare quello che mangiamo in ciò che ci serve per vivere, con il cibo spirituale è Dio ad assumere la nostra vita e a trasformarla nel suo stesso impeto di amore e di donazione. Per questo l’eucaristia rappresenta il culmine della vita della Chiesa, il punto di arrivo di un cammino di amicizia e di conoscenza. Ma la comunione con il corpo e il sangue del Signore suscita in noi un secondo grande effetto: «Come il padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (6,57). Vivere per lui, non più per noi stessi: questa è la meravigliosa libertà che può rigenerare la misura del nostro cuore. Ecco perché diciamo anche che l’eucaristia è la fonte della vita cristiana. Attraverso l’eucaristia, infatti, la vita di Dio si riversa nella nostra, educandoci a vivere come Cristo, liberi di poter offrire noi stessi con amore e per amore. Il mistero dell’eucaristia è quel roveto ardente che non si stanca di annunciare che il viaggio della vita è un’avventura sempre percorribile. Infatti, anche quando ci sembra di non farcela, ce la possiamo ancora fare. Perché sazi. Non di illusioni o certezza, ma di una «manna sconosciuta» (Dt 8,16). Di una presenza fedele e bella. Bella da mangiare. 

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