IL RUMORE DELLA PIOGGIA

Giovedì – X settimana del Tempo Ordinario
L’arrivo di una pioggia torrenziale, dopo un prolungato tempo di siccità — per la quale si sono anche offerte preghiere e digiuni — non è certo un avvenimento da accogliere con paura o preoccupazione. Ben diverso da quando l’acqua cade dal cielo nel bel mezzo di un’occasione in cui ci si trova all’aria aperta, senza facili e vicine occasioni di riparo. 

In quei giorni, Elia disse ad Acab: «Va’ a mangiare e a bere, 
perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale» (1Re 18,41)

Dopo aver vinto la singolar tenzone con i quattrocentocinquanta profeti di Baal sul monte Carmelo, attraverso l’ausilio di un vero e proprio fuoco proveniente dal cielo (1Re 18,20-40), il profeta Elia decreta la fine del tempo di siccità di cui egli stesso aveva dato solenne annuncio (1Re 17,1). La previsione di imminente pioggia si compie non al termine di un periodo di verifica e di preghiera. Infatti, dopo aver inviato il messaggio, Elia si pone umilmente in un atteggiamento di ascolto e di vigilanza.  

Elia salì sulla cima del Carmelo; 
gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia (18,42)

Dopo aver scannato sulle rive del torrente Kison i falsi profeti, Elia sembra quasi bisognoso di ritrovare — per poter anche testimoniare — il volto di Dio e la direzione della sua santa volontà. La sua relazione con Dio ha bisogno di essere intensificata nell’ascolto, per giungere a una profonda e corretta comprensione della sua parola. Anima lo stesso intento il discorso che Gesù rivolge ai suoi discepoli. 

«Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; 
chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 
Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello 
dovrà essere sottoposto al giudizio» (Mt 5,21-22)

Le parole con cui Gesù torna alla radice — al cuore — della Legge assomigliano al rumore di una pioggia imminente. A noi, come a Elia, tocca posare le armi e interpretarle. Non come un impossibile richiesta, ma come una possibile espansione del cuore verso i fratelli. Il Signore ci incoraggia a recuperare uno sguardo premuroso nei loro confronti. Ad abbandonare ogni strategia di contrapposizione o di differenziazione. Soprattutto a rinunciare a credere che sia possibile un rapporto con Dio senza aver fatto di tutto per costruire la pace. Anche quando non è né cercata né chiesta. Se così faremo, potremo annunciare a tutti — senza accorgercene — che la siccità è finita. Perché la carità fraterna torna a essere la «rugiada» (1Re 17,1) del mondo. 

«Se dunque tu presenti la  tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello 
e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24)

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