ESSERE DEGNI

Memoria di san Barnaba apostolo
Il tema che domina la liturgia nella memoria di san Barnaba corre il rischio di essere molto ambiguo per un credente. La precisazione che Gesù pone a conclusione e sigillo del mandato apostolico ha bisogno di essere compresa alla luce del vangelo, e non fraintesa all’ombra delle nostre bislacche ambizioni.  

«In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno 
e rimanetevi finché non sarete partiti (Mt 10,11)

Il Maestro non consegna ai discepoli l’autorizzazione a perseverare nella strada dei favoritismi e delle esclusioni — già così da noi battuta senza bisogno di incoraggiamenti — ma a non trascurare — e a non drammatizzare — il valore della partecipazione altrui all’offerta della nostra vita. Appena prima di questa indicazione, sono stati i discepoli a venire qualificati proprio con il medesimo aggettivo (axios, degno). 

«Non procuratevi [...] né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, 
perché chi lavora ha diritto (lett.: axios) al suo nutrimento» (10,10)

Essere degni non significa meritare. Al contrario significa riconoscere l’altro meritevole del servizio che svolge a nostro favore. Essere degno di nutrimento, per un apostolo, vuol dire concedere a Dio l’occasione di manifestarsi come Provvidenza. Allo stesso modo essere degni di aprire la porta a un pellegrino o a un annunciatore, non vuol dire essere buoni, ma semplicemente capaci di riconoscere l’occasione di essere accoglienza, mettendo l’altro a proprio agio nel suo diritto di essere accolto. Questo è il motivo per cui l’apostolo Barnaba viene descritto e celebrato come persona capace di dilatare l’esperienza ecclesiale con la sua stessa presenza.

Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, 
con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. 
E una folla considerevole fu aggiunta al Signore (At 11,24)

Il vangelo — con tutta la sua abbondanza di doni — è gratuito, come deve essere il modo con cui chi vive di esso cammina e si muove nel mondo. Ma proprio questa assoluta gratuità, per non essere fraintesa o banalizzata, ha bisogno di suscitare tutta la dignità di cui la nostra umanità è capace. Mostrare dignità in quello che oggi faremo è onorare colui che per noi è morto ed è risorto. Cercarla in chi avremo occasione di incontrare è annunciare loro il volto del Dio che cerca la nostra parte migliore, per restituircela centuplicata. La verifica di questo modo di essere e di fare la abbiamo quando qualcosa va storto. E noi riprendiamo il cammino sereni, contenti e convinti della strada che percorriamo. Perché la pace che riceviamo dal Signore in nessun modo ci può — ormai — abbandonare. 

«Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 
Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa;
ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi» (Mt 10,12-13) 

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