EPPURE

Mercoledì – III settimana del Tempo di Pasqua
Nel vangelo di Giovanni la fede è descritta come un movimento, un dinamismo che scuote e muove la vita del discepolo. Lontano da astrazioni o teorie, il quarto vangelo parla del credere come di un andare verso Gesù, mettendo i passi sulle sue orme, trovando sazietà e gioia nel condividere il suo stesso pane: la volontà del Padre. 

«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame
e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Gv 6,35)

Nessuno inizia a credere in altro modo. Solo a partire da un’esperienza grata e felice, solo da un senso di bellezza che attrae e affascina, si può iniziare a porre la propria vita nelle mani di Dio. Ogni altro modo di credere non può che oscillare tra due pericolose mistificazioni che segnalano un rapporto non paritario, pur nella diversità dei ruoli: servilismo e opportunismo. Eppure, nonostante la fede inizi sempre come un movimento, essa ammette anche pericolose battute d’arresto.

«Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete» (6,36)

Il Signore Gesù non ha paura di far cadere le maschere della facile e apparente adesione. È possibile credere, appassionarsi al vangelo, immergersi con slancio nella grazia battesimale, desiderare una vita filiale e fraterna, eppure smettere di credere, cioè di calcare le orme del Maestro. Un motivo è svelato dagli Atti: perseverare nella fede significa esporsi, inevitabilmente,  a una qualche forma di persecuzione. 

In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme;
tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria (At 8,1)

Eppure — raccontano gli Atti — questo momento così drammatico, in cui la furia dell’odio e della gelosia si scatena contro i primi testimoni del Risorto, diventa occasione per alcuni di esercitare la pietà verso i defunti, per altri di andare «di luogo in luogo annunciando la Parola», e scoprire quanta libertà d’azione e di risurrezione la Pasqua ha portato dentro la storia. 

Da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, 
e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città (8,7-8)

Ma c’è anche un altro motivo per cui i passi della nostra fede si arrestano. Ben più pericoloso del precedente. Si tratta della paura di essere respinti e rifiutati, non dagli uomini, ma da Dio stesso. Si tratta di quelle pieghe del nostro cuore in cui ancora non regna lo Spirito Santo. Non dimora stabilmente la luce dell’Amore. Contro questa paura si solleva la voce del Figlio vivente in eterno. 

Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 
perché sono disceso dal cielo non per dare la mia volontà, 
ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 6,37-38)

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