PARRESÌA

Ottava di Pasqua – Sabato
Giunti quasi al termine dell’ottava di Pasqua, alla vigilia di una domenica dedicata alla misericordia di Dio che quest’anno è per la Chiesa l’occasione di celebrare una doppia — e storica — canonizzazione di indimenticabili santi papi, la liturgia di questo giorno di attesa vuole coinvolgere nel dinamismo di risurrezione la franchezza, un’attitudine indispensabile ai discepoli. Molto più naturale che morale. 

In quei giorni, i capi, gli anziani e gli scribi, vedendo la franchezza di Pietro e Giovanni
e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti 
e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù (At 4,13) 

Il termine esatto con cui la lingua greca designa la schiettezza dei primi testimoni del risorto è un vocabolo presente anche nel nostro dizionario, sebbene desueto: parresìa. Letteralmente si tratta della capacità di stare davanti a ogni (pan) cosa (rema) senza filtri. Senza permettere a chi ci sta davanti di condizionare la libertà con cui ciò che è dentro ha bisogno di manifestarsi anche all’esterno. Pare proprio sia stata questa la forza con cui i discepoli di Gesù hanno diffuso la buona notizia della Pasqua.

«Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi.
Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (4,19-20)

Mentre siamo portati a pensare che una simile tempra interiore, capace di non vacillare di fronte alle minacce e al pericolo della persecuzione, possa essere il frutto di un faticoso cammino ascetico, la “finale canonica” del vangelo di Marco (un’aggiunta posteriore al testo originario) ci presenta i discepoli alle prese con una diversa ma non meno preziosa forma di parresìa. 

Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero (16,11)

In un breve pugno di versetti questa incredulità esplode a più riprese, fino a meritare un solenne rimprovero da parte di Gesù quando appare agli Undici mentre sono a tavola. Di fronte all’annuncio concitato di Maria, a quello ardente dei due discepoli (di Emmaus) il gruppo degli Undici — semplicemente — non crede. Questa franchezza, che nessuno di noi vorrebbe avere, non è taciuta dal vangelo. Anzi, viene quasi enfatizzata nella narrazione. La fatica di credere, che i discepoli non riescono a dissimulare, diventa però occasione perché si liberi anche la franchezza del Risorto. E del suo amore, capace di vedere già quello che saremo.


«Andate in tutto il mondo e proclamata il Vangelo a ogni creatura» (16,15)

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