IN VERITÀ

Martedì della Settimana Santa
Nella debolezza di Giuda che tradisce e nella presunzione di Pietro che rinnega, contempliamo oggi quella parte della nostra umanità che non può entrare in alleanza con Dio se prima non è raggiunta e salvata dal suo amore. Dopo tre anni di vita e di cammino insieme, Gesù è ben consapevole della fragilità dei suoi amici. Nel suo cuore consapevolezza e sconforto si mescolano in un sentimento dolceamaro, già piuttosto noto anche ai profeti.

(Il Signore) mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze» (Is 49,4)

«Invano» non significa che la fatica è «inutile», ma che la sua efficacia non è più verificabile dal servo. Il servo del Signore è uno che, dopo aver iniziato la sua missione di amore, perde il controllo degli esiti. Il Maestro, infatti, comprende che è giunta l’ora in cui il profumo dell’amore di Dio ha bisogno di diventare come una luce che si irradia fino ai confini estremi della vita e della morte. 

Io ti renderò luce delle nazioni,
perché tu porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (49,6)

Davanti a questa espansione luminosa ci sono però due persone che non riescono ad accogliere la gratuità del dono. Gesù se ne accorge e denuncia l’inciampo presente nel cuore di Giuda con un gesto finissimo, con il quale trasforma il tradimento in volontaria consegna.

E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta.
Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. 
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto» (Gv 13,26-27)

Ma c’è anche Pietro, prigioniero dalla sua volontà di potenza, convinto di poter e — peggio ancora — di dover dare la vita per il Maestro. Gesù non risparmia neanche a lui una parola di salvezza. 

«Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: 
non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte» (13,38)


Se in Giuda vediamo il male da cui siamo salvati, in Pietro possiamo riconoscere il bene da cui il Signore deve salvarci. Il primo e l’ultimo dei discepoli rappresentano la nostra umanità che inciampa davanti al gratuito effondersi della carità di Dio, un regalo che non possiamo né negare (Giuda) né conquistare (Pietro), ma che dobbiamo imparare a ricevere gratuitamente. In — nella nostra — verità.

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