SENZA (PIÙ) RATTOPPI

Lunedì – II settimana del Tempo Ordinario
Le letture di oggi ci illustrano perché l’obbedienza è corsia preferenziale per una vita autentica. Il profeta Samuele bacchetta il re Saul, per aver permesso al popolo di saccheggiare gli Amaleciti dopo averli sconfitti in battaglia. Saul tenta di giustificarsi, ma il profeta è perentorio.

«Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? 
Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti» (1Sam 15,22)

Saul ha fatto tutto quasi bene, però non ha ascoltato fino in fondo la voce del Signore. Disobbedendo. È questa mezza misura che indispone e addolora il cuore di Dio. Solitamente, nei sacrifici quotidiani che tutti facciamo, diamo soltanto alcune parti di noi: un po’ del nostro tempo, un po’ delle nostre qualità, un po’ della nostra pazienza. Un po’, insomma. Di rado, facciamo il sacrificio di noi stessi. Siamo infatti tutti a caccia di un «bottino» (15,19) di affetto e di stima per il quale siamo disposti a sudare un po’, a compiere qualche rinuncia, a stringere i denti. Ma obbedire a Dio, è meglio ci ricorda il profeta Samuele. Perché quello che Dio ci dona e ci chiede è sempre proporzionato alla realtà e si esprime in una logica di amore. È quello che Gesù cerca prova a dire a quanti non capiscono come mai i suoi discepoli non digiunano, ma vivono una certa libertà interiori davanti alle asperità della legge religiosa. 

«Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare» e poi aggiunge: 
«Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: 
allora, in quel giorno, digiuneranno» (Mc 2,20)


Dobbiamo vigilare molto su noi stessi, essere attenti alle intenzioni del nostro cuore. Dietro a eroiche e generose prestazioni, nelle quali ci sembra di fare quanto il Signore ci ha ordinato, può infatti nascondersi il nostro ego — sempre — a caccia di bottino. Così rinviamo le scelte oppure non siamo disposti a viverle pienamente, fino al punto in cui ci è chiesto di perderci nella sfida di relazioni (più) autentiche. Ma anche di ritrovarci dentro una libertà (più) grande: quella in cui non è più importante cosa si pensa di noi, ma quello che siamo realmente. In, e con, Dio. Dentro una gioia senza (più) rattoppi.

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