NOBILE RAGIONAMENTO

Martedì – XXXII settimana del Tempo Ordinario
Le due letture di oggi appaiono concordi nel volerci mostrare due modi diversi ma analoghi di poter riflettere sulla realtà, rintracciando quale volontà di Dio può farci camminare in direzione della vita nelle situazioni più ostili e drammatiche. Da una parte abbiamo il vecchio Eleàzaro, scriba stimato in Israele e molto dignitoso nell’aspetto. Spinto dai dominatori greci a nutrirsi di carne suina, violando palesemente la Legge di Dio, l’anziano ebreo sceglie di rimanere attaccato alla vita piuttosto che obbedire alla paura di morire. 

Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, 
s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone 
e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi 
da quando non è lecito per attaccamento alla vita (2Mac 6,19-20)

Ma, talvolta, per rimanere fedeli a se stessi e a Dio, occorre essere provati fino in fondo. Un’ultima volta, la libertà di Eleàzaro viene tentata da coloro che, conoscendolo da antica data, vorrebbero proporgli di salvarsi la pelle con un piccolo espediente: fingere di mangiati le carni sacrificate imposte dal re. Egli, però, riflettendo sull’enorme danno che un simile gesto avrebbe sulla coscienza dei più giovani, che potrebbero essere distolti dalla fedeltà a Dio e confermati nell’ingiustificata paura della morte, decide di consegnarsi al martirio e di salvare la sua anima. La Scrittura definisce questo suo pensiero un «nobile ragionamento». 

Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia, 
della raggiunta veneranda canizie e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, 
ma specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, 
rispose subito dicendo che lo mandassero pure alla morte (6,23)

Anche il ricco Zaccheo, pur provenendo da una storia di tutt’altra levatura morale e religiosa, quando sente la notizia del passaggio di Gesù nella sua città, decide di non rimanere attaccato a una vita che rischia di essere piena di soldi ma priva di gioia e di verità. Si espone all’incontro e allo sguardo di Gesù, fino ad aprirgli le porte della propria casa. Sentirsi così amato e accolto nei recinti fraudolenti del suo egoismo, suscita in lui un altro nobile ragionamento, segno e conferma di quel vangelo che vuole diventare la ragione di ogni nostro passo d’amore. 

«Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri 

e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8)

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