DARE (LA) VITA

Dedicazione della Basilica Lateranense
Oggi tutte le assemblee cristiane in comunione con la chiesa di Roma festeggiano la dedicazione della Basilica Lateranense, un «tempio di Dio» (1Cor 3,17) prezioso e caro a tutti i discepoli del Signore Gesù. Fu il primo grande luogo di culto che accolse la preghiera dei cristiani quando terminò il tempo delle persecuzioni da parte dell’impero romano e il cristianesimo divenne religio licita. Le Scritture scelte per la festa della prima basilica occidentale illustrano il significato che ogni casa di preghiera cristiana deve possedere per essere espressione autentica della fede nel vangelo.

Il tempio in cui Dio abita e incontra l’uomo è da sempre immaginato come un luogo speciale e misterioso. Il profeta Ezechiele ci regala una visione profondamente simbolica. Il tempio gli appare come un edificio da cui scaturisce una rigogliosa cascata d’acqua che riversa il suo corso verso oriente, nella direzione da cui proviene la luce, cioè la vita. Procedendo in questa sacra marcia le sue acque sprigionano vitalità e forza, al punto che «là dove giungerà il torrente tutto rivivrà» (Ez 47,9). Questa capacità di dare vita rispetta e valorizza tutte le diversità, dal momento che «lungo il fiume, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto» (47,12). È un primo, splendido significato del tempio: un luogo capace di diffondere vita a chi entra in contatto con il misterioso dinamismo che in esso si celebra.

Ma questo «edificio di Dio» (1Cor 3,9), nel quale volentieri ci raduniamo, non è formato soltanto da maestose colonne, splendidi affreschi e luminose vetrate. Il «tempio di Dio» (3,17) è costituito soprattutto dal corpo vivente dei battezzati, da noi che ci raduniamo al suo interno nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Noi che, come scrive Paolo ai cristiani di Corinto, stiamo realmente diventando il tempio di Dio, collocando mattoni e mura sopra il «fondamento» (3,10) sicuro del nostro battesimo. Sebbene Dio sia felice di dimorare in mezzo a noi, soccorrendo la nostra debolezza con il suo fedele amore, egli pure attende che diventiamo sapienti architetti in grado di collaborare con lui all’edificazione della nostra umanità secondo la parola del vangelo. Per questo ciascuno deve stare «attento a come costruisce» (3,10), perché esiste la possibilità di «porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo» (3,11). Corriamo sempre il rischio di alterare l’edificazione della nostra umanità, inaugurata dal nostro battesimo, fondando le scelte della nostra vita su valori diversi da quelli che il Maestro ci ha indicato come irrinunciabili. Similmente, anche le nostre comunità di fede possono facilmente diventare un «luogo di mercato» religioso, anziché una «casa» (Gv 2,16) di preghiera, una palude di umanità anziché una sorgente di nuova vita e nuovi rapporti, un luogo dove uomini liberi regalano — in libertà — la loro vita al prossimo. 


La dedicazione della Basilica Lateranense è una festa che vuole certamente ispirare sentimenti di comunione con la chiesa di Roma, ma diventa anche l’occasione per assumere con rinnovata responsabilità il compito di onorare quella chiesa particolare di cui facciamo parte. Proprio la nostra umanità, inserita nel tessuto vivente di una comunità cristiana, è chiamata a diventare un torrente che visita e rallegra la vita del mondo, annunciando a tutti il mistero del «corpo» (2,21) di Cristo, quel «fondamento» di grazia che non si stanca di dare la vita e la salvezza ad ogni cosa. 

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