VICINO

S. Luca evangelista

Celebriamo oggi la festa di san Luca, l’evangelista che ha saputo narrare come la misericordia di Cristo si sia manifestata al mondo e abbia poi accompagnato i primi passi della chiesa nel suo ministero in favore di tutti. Meditando e contemplando la sua opera, non possiamo che provare viva gratitudine verso il Padre, che per rivelarsi all’umanità ha voluto ispirare uomini che hanno compiuto «ricerche accurate» e hanno steso un «resoconto ordinato» (cf Lc 1,3) riguardo «tutto quello che Gesù fece e insegnò» (At 1,1). Il vangelo è quadriforme, insegnavano i santi Padri, perché ogni autore ha riletto il mistero pasquale di Cristo da un punto prospettico particolare, conferendo al testo una precisa intenzione narrativa e teologica. 

Come ci ricorda la liturgia, Luca nel suo vangelo ha voluto raccontare il mistero della «predilezione per i poveri» (colletta) del Signore Gesù. Una povertà che, anzitutto, è stato lo stile con cui il Signore si è manifestato al mondo, a partire dalla sua nascita in circostanze modeste, al cospetto di un manipolo di pastori, casta irrilevante e poco stimata nella cultura giudaica di quei tempi. Una povertà che ha plasmato soprattutto il suo camminare con noi e come noi in questo mondo, diventando l’inevitabile conseguenza di un desiderio totalizzante in nostro favore, quello di «portare a compimento l’annuncio del Vangelo» (2Tm 4,17). 

Anche nel vangelo di oggi è la povertà ad annodare le indicazioni pastorali che Gesù impartisce ai settantadue discepoli inviati «avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (10,1). Più che pensare a strumenti o strategie, i discepoli sono esortati ad assumere una fiduciosa essenzialità nel modo di essere e di porsi: «Non portate borsa, né sacca, né sandali» (10,4). E a sentirsi pure sospinti da una certa urgenza nel comunicare ad altri ciò che hanno sperimentato e ricevuto: «E non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada» (10,4). La ragione ultima di  questa  modalità disarmata e frettolosa di procedere è indicata dallo stesso Gesù: «È vicino a voi il regno di Dio» (10,9).

I discepoli — di ogni tempo — sono chiamati a mostrarsi al mondo senza timore di annunciare che Dio si è fatto così vicino da poter essere realmente una compagnia e un nutrimento per l’esistenza dell’uomo. Da poter diventare — nel tempo e nello spazio in cui ogni relazione ha bisogno di sbocciare e maturare — «tutta la nostra ricchezza a sufficienza», secondo una felice espressione di san Francesco d’Assisi. Agli occhi di Luca, medico sensibile al mistero dell’umanità ferita dal peccato, la compassione di Dio si è rivelata come una forza capace di orientare tutta la storia umana verso la salvezza, ricordandoci che per affrontare il viaggio quotidiano, in fondo, non ci serve nulla. Se non la memoria e l’esperienza di questa prossimità che il Signore ha voluto stabilire con noi, facendosi dono e facendo diventare anche noi dono, lasciandosi accogliere e insegnandoci ad accogliere, affinché nella «casa» del mondo possa abitare il bene più grande, quello annunciato dai profeti e sospirato da ogni cuore: la «pace» (10,5).

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