SAPIENZA

Martedì – XXI settimana del Tempo Ordinario

Le conseguenze della Pasqua di Gesù — si diceva ieri — sono meravigliose, ma non sta a noi conoscere i tempi e i modi del loro compimento nella nostra vita e nella storia del mondo. A noi è stata data semplicemente una chiave per interpretare al meglio il presente che viviamo, senza più alcun timore che il futuro possa venirci a strappare la pace o la gioia che cerchiamo.  

«Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro.
Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; 
noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre» (1Ts 6,4-5)

Il fatto che il Padre abbia deciso di giocare a carte così scoperte con noi, fino al punto da consegnare il suo Figlio alla morte per noi, ha acceso in mezzo a noi una luce invincibile nella quale, se vogliamo, possiamo scegliere ogni giorno di esistere e di rimanere. Non si tratta di una conoscenza che evita alla nostra libertà la fatica di maturare e compiere i suoi passi. Ma una risoluzione del dubbio di fondo, circa il destino che questi passi suscita e attende. 

«Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, 
ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (5,6-9)

Non è così scontato dimorare in questa luce, vivere come figli di questa splendida realtà. È sorprendente come il nostro cuore sia capace di volgersi alle tenebre, dove è più facile cedere alla tentazione di strappare morsi a cose o situazioni che non ci appartengono, cedere alla lusinga del proibito, dell’ingiusto e del sensuale. Persino avendo in bocca professioni e parole di fede.  

Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro;
cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?
Io so chi tu sei: il santo di Dio» (Lc 4,28-29)

Essere sapienti non significa accumulare informazioni su Dio, ma accogliere benevolmente il suo ingresso nella nostra terra. Permettendo alla sua autorevolezza di scompaginare programmi e desideri. Alla sua parola di rimescolare le carte delle nostre (presunte) priorità.

Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, 
che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?» (4,36)

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