SCRITTI NEI CIELI

XIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Siamo il trailer del Regno di Dio, assicura il Signore Gesù in questa domenica. Per diffondersi in ogni luogo e in ogni cuore, il vangelo ha bisogno di noi. Della nostra passione e del distacco con cui possiamo imparare a vivere il nostro battesimo, con tutte le sue conseguenze. Senza compiacerci o frustrarci davanti all’esito delle nostre imprese. Ma diventando creature nuove sull’unica cattedra della croce, dove l’amore diventa verità e credibile testimonianza. Felici che il nostro nome sia già scritto nei cieli. 

Mandati davanti
Il Maestro Gesù allarga il numero di suoi collaboratori: «Designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1). Contrariamente a quanto in genere pensiamo, il Signore ama coinvolgere molte persone nella sua missione, affinché la sua parola «di amore e di pace» sia «presente in ogni ambiente di vita» (cf. colletta). Noi Siamo inclini a credere che la testimonianza del vangelo sia affidata a persone fuori dal comune — in qualche modo elette — che Dio investe di una forza speciale. Invece il vangelo ci mostra un Maestro che ha bisogno di tutti affinché il «fiume» (Is 66,12) delle sue «consolazioni» (66,11) raggiunga tutto e tutti. Per ogni uomo e ogni donna la «vocazione battesimale» infatti non si esprime in altro modo se non nell’essere «pienamente disponibili all’annunzio del Regno» (cf. colletta). Gesù non esige di essere seguito e imitato alla lettera. Preferisce fidarsi di noi chiedendoci di essere anticipazione del suo volto. Di precederlo in tutti quei luoghi dove egli ha già meditato e deciso di andare. Essere discepoli non significa soltanto calcare le orme del Maestro, ma anche mettere per primi i nostri passi in sentieri sconosciuti, con la libertà e la fantasia dei figli di Dio.

In mezzo ai lupi
Tuttavia, per quanto le nostre spalle siano ben coperte dal suo volto che noi accettiamo di precedere a anticipare, il Signore Gesù ci mette in guardia: «Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi» (Lc 10,3). I testimoni del vangelo vanno coscientemente contro corrente, escono dai recinti del consenso e dell’approvazione. Un agnello in mezzo a un branco di lupi è un elemento estraneo, una mosca bianca, qualcuno che turba l’ordine costituito. Comincia con questo avvertimento il mandato missionario dei discepoli di Cristo. E forse proprio questo richiamo merita proprio di essere posto in cima alla lista, dal momento che facilmente lo dimentichiamo. Ossessionati un po’ tutti dalla logica dell’audience e dal bisogno di approvazione, anche noi cristiani sottovalutiamo quanta scomoda profezia ci sia in quello che il vangelo ci invita a fare: essere solidali in un mondo egoista, condividere i beni in una società profondamente individualista, pensare all’amore come a una missione, praticare l’onestà in mezzo alla furbizia e la giustizia dentro una diffusa illegalità, non fare mai il male a fin di bene, rispettare la vita umana in ogni suo tempo e in ogni sua forma, credere che la fedeltà (non la la novità) sia irrinunciabile valore, non iniziare né finire alcun giorno senza consacrare un tempo per la preghiera. Tutto questo però senza alcuna spocchia, né presunzione. Non facendo diventare la Parola a cui diamo amorosa obbedienza una cattedra o, peggio ancora, un’arma da usare contro gli altri. Non facendo gli offesi, quando non veniamo ascoltati, ma contenti che sia rimasta sulle nostre labbra una buona notizia: «Sappiate però che il regno di Dio è vicino» (10,11). Passione e distacco si coniugano nel cuore di un discepolo. Rigore e fedeltà partoriscono profezie di tenerezza: «Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati» (Is 66,12-13). 
Nei cieli
Per questo bisogna annunciare il vangelo in povertà, senza assolutizzare nemmeno i beni più essenziali e irrinunciabili: «Non portate borsa, né sacca, né sandali» (Lc 10,4). Il Maestro ci vuole simili ai mendicanti, che non si possono imporre, ma devono continuamente imparare ad affidarsi e a farsi accogliere. Gli annunciatori del vangelo sono persone che rinunciano ad avere un secondo paio di sandali, cioè che non conservano uscite di sicurezza o corsie di emergenza in caso di necessità, ma che si giocano pienamente nelle scelte di vita che compiono. Persone che non si perdono in salamelecchi — «E non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada» (10,4) — perché sono consapevoli di essere come un fiume, che ha la missione di scorrere raccolto dentro il suo letto, e perciò non perde la sua forza nei rivoli laterali, arrivando poi secco e decimato alla mèta. Senza forzature. Con naturalezza. Anzi con umile gioia. Quella di chi non fonda più il suo cammino nei passi compiuti e nelle battaglie vinte, nemmeno quelle più grandi e sacre contro il male e contro il peccato. Ma nella consapevolezza di chi sa di essere chiamato ad appartenere a Dio prima che a fare cose per lui. E non per un momento o a determinate condizioni. Ma, semplicemente, per sempre e per amore: «Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (10,20).

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