IL TEMPO DELLE LACRIME

Mercoledì – XIV settimana del Tempo Ordinario

Dal guado del fiume Iabbok alle sontuose sale del potere dell’antico Egitto: la liturgia feriale ci fa operare un salto nella lettura dei testi della Genesi. Abbandonati i sentieri di fuga e di ritorno che il patriarca Giacobbe ha dovuto percorrere, ci immergiamo nelle battute cruciali della saga di Giuseppe e dei suoi fratelli. La carestia che si è abbattuta in Egitto allunga i suoi tentacoli fino ai confini di Israele. I figli di Giacobbe si trovano costretti ad acquistare il cibo proprio da Giuseppe, il fratello venduto per gelosia. 

Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione.
Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra.
Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe ma fece l’estraneo verso di loro
e li tenne in carcere per tre giorni (Gen 42,6-7.17)

I tre giorni di prigionia non servono a Giuseppe per covare odio e risentimento. Il tempo ha scavato nel frattempo solchi di compassione e di perdono nei confronti dei fratelli. Desidera piuttosto condurre anche i fratelli a una cosciente possibilità di riconciliazione. Si prende tempo per escogitare un piano che possa servire alla riunificazione di tutta la famiglia. E, quando si accorge, che i fratelli stanno maturando il pentimento per ciò che hanno fatto nei suoi confronti, dà ampio sfogo ai suoi sentimenti. 

Allora egli andò in disparte e pianse (42,24)

Non diversi, nella sostanza, devono essere i sentimenti che spingono il Signore Gesù a coinvolgere i suoi dodici discepoli a condividere con lui l’annuncio del Regno. Il vangelo attesta le due intenzioni del Maestro, che restano le intuizioni capaci di muovere ancora oggi la missione della Chiesa. Gesù cuce insieme dodici individualità assai differenti, affidando loro il compito di amare e guarire. 

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri 
per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità (Mt 10,1)

Poi raccomanda loro di non espandere troppo frettolosamente il cerchio di questa condivisione, ma di privilegiare i fratelli della casa d’Israele, i vicini a cui ancora non è giunta la buona notizia della compassione di Dio. 

«Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;
rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele» (10,5-6)

È sempre una grossa tentazione cambiare palcoscenico quando il pubblico non corrisponde alle nostre aspettative di successo o, semplicemente, di accettazione. A volte lo facciamo senza farci accorgere o senza nemmeno esserne più consapevoli. Eppure questa fuga verso le periferie non è compassione e non costruisce la chiesa. Meglio attendere senza fretta che l’amore compia il suo cammino. Magari sostando con speranza nel tempo delle lacrime che restituiscono pietà al cuore e lucidità agli occhi. 

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