CORRERE

S. Benedetto, patrono d’Europa

Le parole con cui la Chiesa prega, in occasione della festa dell’abate Benedetto da Norcia, manifestano il desiderio profondo di camminare nella via del Signore con radicalità e libertà. La preghiera di colletta recita: «Concedi anche a noi di non anteporre nulla all’amore di Cristo e di correre con cuore libero e ardente nella via dei tuoi precetti». In questa concisa invocazione viene abbozzato da un lato l’elevato profilo spirituale del padre del monachesimo occidentale, dall’altro il desiderio che la sua testimonianza cristiana è capace di suscitare tra i discepoli di Cristo di ogni epoca. 

In un mondo sconquassato da una tremenda crisi di valori e di istituzioni – all’indomani del crollo dell’Impero Romano –, mentre nuovi popoli si facevano avanti e vecchi costumi decadevano, Benedetto seguì l’impulso di dedicare tutta la sua vita alla «conoscenza di Dio» (Pr 2,5), contestando la società del suo tempo e, probabilmente, assecondando una certa fisionomia personale, incline alla solitudine e al raccoglimento. I tre anni spesi come eremita a Subiaco nel Sacro Speco servirono al suo cuore per imparare a combattere contro le passioni e per scegliere irrevocabilmente di consegnarsi all’intensità di un unico desiderio profondo: soli Deo placere desiderans. Ponendo la sua vita continuamente sotto lo sguardo di Dio, Benedetto divenne padre e maestro di una moltitudine di uomini e donne, decisi a vivere come lui monaci e fratelli, «perché il Signore dà la sapienza» (2,6) a chi la ricerca «come l’argento» e per possederla è disposto a scavare dentro e attorno a sé «come per i tesori» (2,4).

Benedetto fu «messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà» (Paolo VI) perché fu disposto a lasciare «tutto» (Mt 19,27) per custodire i precetti di Cristo e non antepose mai nulla all’Opera di Dio, che risplende nella preghiera e si traduce nella fedeltà ai doveri quotidiani e alla carità verso i fratelli. L’influsso che la sua vita e la sua opera hanno esercitato sullo sviluppo della civiltà europa è il motivo per cui i cristiani, in questo giorno, invocano la sua paternità spirituale e la sua intercessione affinché l’Europa possa ritrovare nel Vangelo l’ispirazione per una nuova unità spirituale e culturale, avvertita ormai da tutti necessaria e urgente.

La speranza che la Chiesa e i cristiani di oggi possano mettersi a servizio della società contemporanea, contribuendo a far fiorire in Europa un nuovo, autentico umanesimo, deve però misurarsi con la disponibilità a non avere alcun privilegio se non quello del servizio e alcun trono di gloria se non l’altare della croce. Limpidissima — se vogliamo ascoltarla — è la risposta del Signore Gesù all’esitazione di Pietro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele» (17,28). La «rigenerazione del mondo» — di ogni società e di ogni cultura — passa sempre attraverso la disponibilità di uomini e donne che scelgono, liberamente e consapevolmente, di occupare l’ultimo posto per amore di Cristo, affinché la vita di tutti si possa moltiplicare «cento volte tanto». E possa diventare una «vita eterna» (Mt 19,29), quella dei figli di Dio.

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