LO SPECCHIO VELATO

Giovedì – X settimana del Tempo Ordinario

La grande novità di cui siamo capaci — secondo l’autorevole pensiero dell’apostolo Paolo — non coincide soltanto con l’operare a nome di Dio, nel proferire parole per suo conto, ma addirittura nella libertà di potersi presentare davanti a Lui senza bisogno di alcun filtro protettivo, con la dolce confidenza di figli amati e, quindi, sempre riconosciuti e accolti.

«Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà.
E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore,
veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria» (2Cor 3,17-18)

Questa è la straordinaria e perenne novità inaugurata dalla pasqua di Cristo: la nostra umanità è ormai resa capace di riflettere la gloria dell’amore di Dio e di trasformarsi in essa. C’è davvero da commuoversi e tremare di spavento, al pensiero che il cielo ha riservato proprio a noi questo nobilissimo compito, che coincide poi con il nostro bene e la nostra felicità. In virtù del battesimo, siamo tutti chiamati a diventare specchio di Dio, nel quale gli altri hanno diritto di riconoscere un riflesso della sua bellezza, e convertire a lui il cuore e i passi. Passaggio mai scontato e sempre da rinnovare. 

«Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul cuore dei figli d’Israele;
ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto» (3,15-16)

Naturalmente quanto Paolo scrive a proposito di Israele non cessa di avere un certo valore anche per noi, che teniamo in mano ogni giorno le Scritture del Testamento Nuovo e ci accorgiamo di avere ancora troppo spesso un velo sul cuore, indurito e ostinato nelle sue tristezze. Ecco il vangelo a suggerirci quale specchietto retrovisore è necessario continuamente guardare, se vogliamo corrispondere al dono di poter diventare specchio della gloria di Dio. Sono i fratelli l’icona minuscola e, non di rado, fastidiosa a cui convertire lo sguardo del cuore. Il Signore ci incoraggia non solo a posare le armi nei loro confronti — soprattutto le parole che uccidono senza far morire — ma soprattutto a rinunciare a credere che sia possibile un rapporto con Dio senza aver fatto di tutto per costruire la pace. Anche quando non è né cercata né chiesta. 

«Se dunque tu presenti la  tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello 
e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).

Esiste infatti una meravigliosa libertà da poter scegliere e vivere ogni giorno. Dio ce l’ha donata e nessuno ce la può togliere. Non vivere più per noi stessi, ma raccontare un Altro. E, umilmente, servire. 

«Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore;
quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù» (2Cor 4,5)

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