BEATI

Lunedì – X settimana del Tempo Ordinariov

L’avvio della Seconda lettera ai Corinzi è, nella liturgia di oggi, privilegiato portale d’ingresso al discorso della montagna, che il Signore Gesù inaugura con le celebri Beatitudini, non a torto ritenute la magna charta della rivoluzione evangelica. Attingendo a piene mani dalla sua esperienza, san Paolo si ritrova a benedire la provvidenza di Dio per il modo specifico con cui la sua salvezza agisce nella vicenda umana, in virtù della Pasqua di Cristo. Non si tratta di essere preservati dalle esperienze più scomode e indesiderabili della vita, ma di scoprire che proprio nel cuore di angoscia e sofferenza, si possono spalancare impensabili sentieri di speranza.

«Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, 
Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! [...] 
Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, 
così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2Cor 1,3.5)

Su questa scia, il vangelo delle beatitudini viene a strapparci dal triste inganno di una cultura che continua ad affermare che per toccare il cielo con un dito — per essere felici — bisogna occupare un prestigioso ruolo sociale, conquistare gratificazioni e riconoscimenti attraverso gli strumenti del possesso e del potere. Le Beatitudini proclamano invece che la strada verso una vita piena non sta fuori, ma dentro di noi. Ci assicurano che non è vero che siamo tutti destinati alla felicità. È vero esattamente il contrario: la felicità è destinata a noi, da sempre, da Dio nostro Padre. La chiave della gioia autentica non sta in cima ai nostri desideri frustrati, ma in fondo alla consapevolezza di quello che siamo. Le Beatitudini sono l’invito ad accogliere quello che ciascuno si ritrova a essere e a patire con gratitudine, rifiutando l’illusione che la vita possa cambiare per l’intervento di qualcosa di esterno ed estraneo a noi stessi. 

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3)

La povertà di spirito è l’attestazione che la realtà, così com’è, può diventare luogo e modo di felicità, l’invito a credere che non esiste altro che possa rendere felici se non quello che si è e quello che la vita ci permette di essere. Da questa consapevolezza, nascono vita nuova e nuove creature. E i cristiani diventano, finalmente, quell’ossigeno che restituisce speranza al mondo. Misteriosamente. 

«Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza;
quando siamo confortati, è per la vostra consolazione,
la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo» (2Cor 1,6)

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