AD ALT(R)O PROFILO

II Domenica di Quaresima – Anno C

Siamo entrati nel deserto della Quaresima insieme al Signore Gesù per incontrare le nostre tentazioni e imparare a combatterle sostenuti dallo Spirito. Abbiamo accolto l’invito a usare parte del nostro tempo per fare un po’ di verità dentro di noi. Attraverso la preghiera, il digiuno e la carità ci stiamo regalando un’occasione per separarci dalle tentazioni che, ogni giorno, ci assediano: farci possedere dai nostri bisogni, impadronirci degli altri, piegare la volontà di Dio ai nostri progetti. Un programma intenso e, in certo senso, proibitivo, se non fosse per un motivo: che è bello! Troppo bello.

In disparte
Il Maestro Gesù decide di salire su un «monte» (Lc 9,28), per dedicarsi a una preghiera più raccolta e profonda. Prende con sé solo alcuni dei discepoli, «Pietro, Giovanni e Giacomo» (9,28). In Galilea — duemila anni fa come oggi — i posti per ritirarsi sono offerti in abbondanza dalla natura ospitale e verdeggiante. Non c’è bisogno di grandi spostamenti o arrampicate per fare silenzio e ritrovarsi a tu per tu con Dio. Eppure il Maestro sente il bisogno di salire in cima al monte per vivere un momento speciale, per incontrare il volto del Padre. In questo spostamento geografico, possiamo cogliere già un richiamo indispensabile per portare avanti la nostra conversione. La preghiera ha bisogno — almeno ogni tanto — di compiersi nel silenzio e in disparte. È vero che la vita cristiana è un’esperienza di comunione che ci spinge a costruire rapporti fraterni con gli altri e con il mondo, che la preghiera fatta insieme ai fratelli è splendida e nutriente. Ma è altrettanto vero che ciascuno di noi ha un rapporto unico e personale con Dio, e porta nel cuore il desiderio di conoscere il suo mistero di amore. Così come esiste una dimensione comunitaria della vita cristiana, ne esiste pure una personale. Il bisogno di vivere momenti di preghiera in solitudine nasce dal fatto che solo Dio conosce in verità il nostro volto e solo dentro una certa intimità egli può rivelarci il suo. Questo è il segreto di tutte le persone che si amano e sanno quanto sia necessario avere occasioni per incontrarsi e ri-conoscersi nell’intimità. Volto a volto. Cuore a cuore.

Trasfigurato
Restare in solitudine non è esperienza facile. La nostra società, che pone tutto sulla bilancia dell’efficacia o del tornaconto, certo non ci aiuta molto a coltivare spazi di meditazione e di preghiera. Ma il vangelo racconta che, proprio nella solitudine della preghiera, si può manifestare qualcosa di veramente unico e speciale. Mentre il Signore Gesù «pregava , il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante . Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (9,29-31). Era notte e i discepoli, seppur «oppressi dal sonno», si svegliano e vedono «la sua gloria» (9,32), così da esclamare, per bocca di Pietro: «Maestro, è bello per noi essere qui» (9,33). La ‘gloria’, nel linguaggio biblico, è il ‘peso specifico’ di una certa realtà, la sua effettiva rilevanza, il suo spessore di verità. Noi tutti, a causa del «peccato», siamo «privi della gloria di Dio» (Rm 3,23). Ci manca cioè la percezione della rilevanza di Dio, l’intuizione della sua verità, della sua bellezza, del suo bene. I discepoli, sul monte, si trovano proprio di fronte alla manifestazione improvvisa di questa gloria che cambia il volto del loro Maestro e fa diventare i suoi abiti come un sole che brilla. Se la Quaresima non può cominciare senza la nostra disponibilità a metterci un po’ in discussione, è altrettanto vero che non può nemmeno continuare senza l’intuizione che Dio è bello, che stare con lui è meraviglioso e dona pace al nostro cuore assetato.

Trasfigurati
Recuperare un’intuizione grata e felice di Dio è quanto di più urgente ci serve, per avere la forza di obbedire a Cristo, per dare fiducia ai suoi insegnamenti, per mettere la nostra vita dietro ai suoi passi, come la voce del Padre invita a fare: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo»  (Lc 9,35). Finché il nostro cuore non è convinto e affascinato dalla parola del vangelo, noi vivremo la nostra fede come un tentativo di rispettare regole e norme, pensando a Dio più come un insieme di istanze etiche che come un volto bellissimo da adorare, conoscere e imitare. Soltanto un’esperienza gioiosa e contenta di Dio può riaccendere il meccanismo della nostra conversione, e proiettarci verso un’altra vita, una vita ad alto profilo. Poiché questo è il desiderio del «Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21). Questa è la stessa gioia provata da Abramo quando, immerso nel silenzio della notte, ha sentito la promessa di Dio: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle: Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15,5). Ci serve fare esperienza di quanto è bello il volto di Dio, insomma, per continuare l’avventura della Quaresima. Per capire quanta vita c’è nella strada che, passando umilmente attraverso l’esperienza della croce, può arrivare a giungere anche alla gioia della risurrezione. 

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