VITA INDISTRUTTIBILE

Mercoledì – II settimana del Tempo Ordinario

La conclusione delle due letture proposte dalla liturgia odierna crea un vero e proprio corto circuito nella nostra meditazione. Mentre la lettera agli Ebrei approfondisce la contemplazione del sacerdozio di Cristo, giungendo a descriverlo come «la potenza di una vita indistruttibile» (Eb 7,16), la reazione di farisei ed erodiani al secondo prodigio realizzato da Gesù nella sinagoga si orienta invece verso un desiderio di morte e distruzione. 

E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire (Mc 3,6).

Naturalmente il mistero pasquale — dove morte e vita si sono affrontate in un definitivo duello — è già un colore di fondo sufficiente a dare significato a questi due differenti prospettive: il Signore Gesù è potuto entrare in una vita indistruttubile proprio per essersi consegnato, con amore e per amore, all’esperienza della croce. L’accostamento tra la figura di Melchìsedek e l’azione del Maestro nei confronti dell’uomo con la mano paralizzata accende tuttavia ulteriori luci. Lo misteriosa figura sacerdotale del re di Salem, che incrocia il cammino di Abramo nel racconto della Genesi, viene presentata in un atteggiamento molto particolare, che la Scrittura riserva alla figura del padre.

[...] andò incontro ad Abramo mentre ritornava dall’avere sconfitto i re e lo benedisse;
a lui Abramo diede la decima di ogni cosa (Eb 7,1-2).

Avvicinarsi e benedire è l’esercizio più autentico della paternità, secondo la tradizione di Israele. La benedizione non è, infatti, solo un gesto augurale, ma un vero e proprio atto di condivisione e di comunicazione di quanto si ha di più caro nella vita. Con la benedizione il padre trasmette al figlio tutta la sua vita, conferendole in tal modo il sigillo di offerta e dono. Dare la vita è, in qualche modo, la figura esistenziale che anticipa il morire. Ed è proprio il destino a cui Gesù va incontro, nel momento in cui sceglie di spezzare il silenzio e l’indifferenza che circondano l’uomo dalla mano inaridita. Un atto d’amore non lascia mai la realtà com’era prima. Intreccia due cammini sprigionando l’indistruttibile forza della compassione, quintessenza del cuore che — non di rado — può sgorgare solo da un cuore capace ancora di indignarsi. 

E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori,
disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita (Mc 3,5). 

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