BASTA SACRIFICI

Mercoledì – III settimana del Tempo Ordinario

Il titolo potrebbe forse risuonare come slogan populista in questo tempo che prepara — ancora una volta — il difficile momento elettorale che il nostro Paese è chiamato a vivere. E invece è il distillato di quanto le Scritture oggi annunciano al nostro cuore in ascolto.  La riflessione delle lettera agli Ebrei si spinge ad altezze vertiginose, dichiarando l’unicità e l’insuperabilità del sacrificio di Cristo, fatto per amore dell’intera umanità.

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, 
aspettando ormai che i suoi nemiciu vengano posti a sgabello dei suoi piedi.
Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati (Eb 10,12-13).

Dio non risolve mai le cose alla maniera dei forti e dei potenti di questo mondo, che promettono di risollevare tutti a basso prezzo, mentre in realtà favoriscono pochi con il sacrificio di molti — tra i quali, generalmente, essi non figurano. Il peccato del mondo non è stato risolto in modo demagogico, ma antropologico dallo stesso Dio. La speranza cristiana si fonda sulla fede che un solo sacrificio — quello di Cristo — sia sufficiente a sollevare per sempre tutta la storia umana. È la medesima speranza ad animare l’insegnamento in parabole che Gesù sceglie di incominciare quando più nessuno comprende e condivide la logica paradossale del suo regno. Per quanto semplice e ricca di immagini, la parabola del seminatore non risulta chiara nemmeno ai discepoli. 

«A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole,
affinché guardino sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato» (Mc 4,121-12).

Quando la Parola di Dio entra in noi, non dobbiamo né dubitare, né verificare la sua efficacia con i nostri occhi e le nostre piccole misure. Piuttosto vale la pena cercare di riconoscere quello che nella nostra terra può ostacolare la crescita del seme, dando un nome preciso ai nostri peccati: superficialità, quando Satana viene nel nostro cuore «e porta via la parola seminata» (4,15); incostanza, quando ci abbattiamo «al sopraggiungere di qualche tribolazione» (4,17); stupida bramosia, quando «le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza» (4,19) riescono a dominarci. Forse nessuno di noi è ancora «terreno buono» (4,20), eppure tutti cominciamo a diventarlo nella misura in cui siamo sinceramente disposti a riconoscere gli ostacoli che impediscono alla nostra terra di portare frutto, a dichiarare i fallimenti e i desideri ancora incompiuti. Allora — solo allora — la nostra vita non scorre più a ritmo di insostenibili sacrifici. Ma della grazia. 

A noi lo testimonia anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
«Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente», dice:
«e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità».
Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato (Eb 10,15-18). 

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