L'OSTINAZIONE DEI NUMERI PRIMI

XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Altrimenti — se non impariamo ad abbracciare — diventiamo intolleranti. Infatti, o costruiamo buoni rapporti con i nostri limiti, oppure il tentativo di essere più grandi degli altri si traduce presto o tardi in atteggiamenti rigidi e settari. Non in pace con noi, non possiamo che mal sopportare la vita che si manifesta lontano dai nostri recinti. La reazione del Signore Gesù davanti a questa grettezza del cuore è risoluta. Persino

Escludere
«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38). Ecco affiorare sulle labbra del ‘tenero’ apostolo Giovanni la manifestazione più comune di quel pessimo sguardo che riusciamo ad avere in un nanosecondo sugli altri. Quando qualcuno non ci sembra rientrare nelle nostre fila, nei nostri progetti, ecco che tendiamo istantaneamente a farlo fuori, a escluderlo dalle nostri visioni del mondo. Un taglio deciso, secco, senza esitazione. Purtroppo, a voler essere sinceri, non sono poche le volte in cui pensiamo e agiamo in questo modo. Tentiamo di mettere un bastone fra le ruote dell’altro, per impedirgli di mostrarsi migliore di noi, forse addirittua per rimuovere dall’orizzonte uno scomodo termine di paragone. 

Includere
La risposta del Maestro è perentoria: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: Chi non è contro di noi è per noi» (9,39-40). Il bene e la diversità dell’altro non sono mai da escludere, perché non se sono autentici e portano evidenti frutti non possono mai essere realmente contro di noi. Infatti, il male non può compiere una vittoria sul male. Soltanto il bene è capace di farlo. E la logica del bene non può che essere sempre, ostinatamente inclusiva. Altro che le folli e intolleranti politiche con cui oggi ci permettiamo di nascondere la vita, quando è anziana e malata, oppure di eliminarla, quando è difettosa o non conforme ai nostri parametri genetici. Quanti disumani tagli che facciamo, in nome di una presunta qualità di vita da raggiungere o da mantenere. Immersi e frastornati in una società tutta concentrata sulla salvaguardia e la premura di un’unica esistenza: la nostra! Disposti a tagliare tutto, se non i privilegi e i benefits acquisiti. 

Tagliare
Invece, se c’è qualcosa da tagliare in questo mondo, va cercata anzitutto in noi stessi: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala» (9,43); «E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo» (9,45); «E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via» (9,47). Piuttosto che escludere l’altro, dobbiamo escludere quella parte di noi che è ancora intollerante e non cammina nella via dell’amore. Questo sembra essere, in estrema sintesi, la risposta di Gesù al ‘problema’ degli altri che non rientrano nei nostri schemi. Indubbiamente i tagli servono nella vita. Talvolta sono addirittura necessari. Ma dobbiamo sempre partire da quei tagli che possiamo anzitutto operare su noi stessi. La prima cosa da rimuovere è sempre la trave nel nostro occhio. Non la pagliuzza che giace nel l’occhio dell’altro. Come ha fatto, del resto, il Signore Gesù con la nostra umanità, scegliendo di non escluderci mai, bensì di includerci sempre nel suo amore e nel regno di Dio. Fino ad accogliere persino il nostro peccato nella sua carne, i nostri peccati sul suo corpo. Questo è l’unica, santa mattanza ammessa dal vangelo. Esiste un bene che si può fare solo attraverso il proprio sangue, pagando il prezzo della felicità altrui con la propria vita. Rinunciando all’ostinazione dei numeri primi. Scegliendo liberamente il sacrificio soave di chi rimane secondo per amore.

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