Solennità di Pentecoste – Anno B

At 1,1-11 / Sal 46 / Ef 4,1-3 / Mc 16,15-20

DECENTRÀTI


Nel giorno di Pentecoste la verità della Pasqua si manifesta pienamente: il Signore risorto ci dona il suo Spirito, affinché entriamo in una vita nuova, libera dalle ambiguità, affrancata dai pesi inutili, felice di essere chiamata a grandi responsabilità. Cinquanta giorni dopo la Pasqua, la comunità dei credenti ritorna a quel giorno in cui, «all’improvviso dal cielo» (At 1,2) l’amore del Dio morto e risorto per la salvezza del mondo ha iniziato a dimorare nella fragile umanità dei suoi discepoli.
Profezie
Gesù, in realtà, lo aveva detto. Dopo la sua morte, sarebbe venuto lo Spirito a trascinare i discepoli, ancora così segnati dalle logiche immature della «carne» (Gal 5,16), dentro il meraviglioso tumulto della vita di Dio, dove nessuno si concepisce in riferimento a se stesso: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me» (Gv 15,26). Le parole di Gesù affermano che lo Spirito è veritiero perché non è un dinamismo autoreferenziale. Al contrario, lo Spirito vive in un sereno rapporto con l’origine da cui procede (il Padre) e non ha altra preoccupazione se non annunciare colui di cui è testimone (il Figlio). La verità — di Dio e dell’uomo — non è infatti un patrimonio di sicurezze da difendere, ma una logica di affidamento da vivere e annunciare. Se il concetto non fosse abbastanza chiaro, il Signore Gesù annuncia ai discepoli che questa logica di non possesso, di accoglienza e restituzione, non solo è la vita di Dio, ma sta per diventare pure il respiro della chiesa che nascerà dalla Pentecoste: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» (15,13-15). Tutti decentrati, tutti sazi. Questo è il progetto di Dio: una comunione fondata sul donarsi gratuitamente, che non lascia alcuno privo di niente.  
Compimenti
Infatti, proprio questo è accaduto nel «giorno della Pentecoste» (At 1,1). Mentre i discepoli si trovavano «tutti insieme nello stesso luogo» (1,1) — cioè radunati attorno al ricordo di Gesù — una straordinaria manifestazione dello Spirito li ha trasformati in persone desiderose e bisognose di aprirsi all’altro: «Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (1,3-4). Il prodigio fu grande, al punto che ciascuno della folla «li udiva parlare nella propria lingua» (1,6). Afferrati da un’irresistibile desiderio di condividere la gioia della Risurrezione, i discepoli si sono scoperti capaci di abbandonare le paure e gli idoli che avevano reso così difficile seguire il Maestro sulla via della croce. Finalmente decentràti e fondati nella testimonianza di Dio, hanno scoperto la libertà di poter vivere non più per annunciare o promuovere se stessi, ma le «grandi opere di Dio» (1,11). 
Progetti
Questa meravigliosa esperienza, di poter vivere per colui che è morto e risorto per noi, non è stato un privilegio delle origini, ma è la grazia continuamente riservata a quanti si rendono disponibili a camminare e a vivere «secondo lo Spirito», rinnegando «il desiderio della carne» (Gal 5,16), quell’insaziabile bramosia di perseguire il benessere personale a ogni costo e in ogni istante. L’apostolo Paolo, attingendo insegnamento dalla sua profonda esperienza spirituale, non esita a stabilire una netta separazione tra «le opere della carne» (5,19) e «il frutto dello Spirito» (5,22). L’egoismo della carne è costrette a compiere numerose opere, faticose e interminabili, nel tentativo di saziare un desiderio che mai arriva a dirsi appagato. Al contrario, l’azione dello Spirito si manifesta in un frutto, che con estrema naturalezza si declina in diversi gusti e sapori: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (5,22). 

Pentecoste è fuoco che divampa dentro, ma anche rugiada che si manifesta senza forzature e con gradualità all’esterno. I discepoli che ne fanno esperienza cessano di voler oltrepassare ansiosamente gli innuerevoli confini disseminati nella trama di ogni giorno, dentro cui si gioca l’avventura di essere uomini e donne dello Spirito. A loro è sufficiente aver ricevuto il compito e la gioia di poter testimoniare con creatività «le grandi opere di Dio» dentro ogni circostanza e davanti a qualsiasi volto. Quelle opere che il mondo non conosce e, segretamente, attende per poter credere e avere vita nel Figlio di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo. 

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