B.V. Maria Addolorata

Eb 5,7-9 / Sal 30 / Gv 19,25-27 o Lc 2,33-35

IL CUORE CONTESTATO


Dopo aver esaltato la croce del Signore – come segno di vita e non di morte – per meditare quanto sia grande il cuore di Dio, oggi volgiamo gli occhi ai piedi della croce, per ricordare quanto grande può diventare il cuore di una creatura. Contempliamo la Vergine Maria addolorata.

L’autore della lettera agli Ebrei, meditando il mistero della Passione, così si esprime: «Cristo, nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7). Parole pregnanti, che sondano un mistero d’amore che anche la vergine Maria, unita in maniera singolare al sentire e all’agire del Figlio di Dio, è stata chiamata a vivere nell’intimo del suo cuore. Certo le parole possono solo evocare l’abisso di dolore e desolazione in cui precipita il cuore di una madre che vede il proprio figlio soffrire e venire ucciso. Un abisso reso ancora più drammatico dalla totale assenza di giudizio nei confronti degli uccisori, come i sentimenti di Cristo sulla croce lasciano immaginare: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). 

Le parole che il vecchio Simeone rivolse a Maria, quando il piccolo Gesù fu presentato al tempio, ci offrono un breve pertugio per entrare nel senso profondo dell’odierna festa liturgica: «E anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2,35). Sin dal principio della sua maternità, Maria ha accolto e custodito la profezia che le annunziava una terribile esperienza di morte interiore, una profonda lacerazione chiamata a diventare misteriosamente feconda, «affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (2,35). Tra questi cuori – che di fronte alla rivelazione di Dio mostrano la loro quintessenza – ci sono pure i nostri, discepoli affidati sotto la croce all’itinerario di compassione vissuto dalla Vergine addolorata: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26). Anche ciascuno di noi, nel corso della vita, arriva prima o poi a vedere contestata una parte del suo cuore. La disponibilità a lasciarsi ridimensionare improvvisamente dalla volontà di Dio e dalla libertà degli altri è ciò che ha consentito a Maria di partecipare a «ciò che patì» (Eb 5,8) suo Figlio, diventando insieme a lui «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (5,9). 

Nessuno, infatti, può pensare di portare avanti la propria vicenda personale senza accettare i tagli che la vita continuamente propone e impone. Senza questa spada, che talvolta entra improvvisamente nel cuore per asportare parte dei suoi progetti e delle sue pretese, lo spazio delle nostre relazioni non può allargarsi per entrare nella logica dell’amore più grande. Il vangelo ci impedisce di guardare a questa esperienza come un traguardo da raggiungere, ma come un’ora da accogliere, ricordando che «ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1,25). Il discepolo di Cristo può accettare che il suo cuore venga contestato solo attraverso un atto di libertà che la Scrittura definisce «obbedienza» (Eb 5,8). Questa cosciente e profumata sottomissione fu necessaria persino al Figlio di Dio che, attraverso di essa, «imparò» a compiere fino in fondo la volontà del Padre, facendo diventare il suo cuore e quello della madre sua «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (5,9). Per tutti quelli che, attraverso la circoncisione del cuore, diventano capaci di entrare «nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). 

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