Ascensione del Signore – Anno A

Letture: At 1,1-11 / Sal 46 / Ef 1,17-23 / Mt 28,16-20


IL NOSTRO TURNO



Gesù se ne va, ascende al cielo. E a noi che rimane della sua splendida vittoria pasquale? Per accedere alla «santa gioia» (cf. colletta) contenuta nella festa dell’Ascensione del Signore Gesù, ogni anno dobbiamo compiere un cammino per nulla scontato attraverso le Scritture che ci raccontano questo grande mistero.


Uffa!

Un dubbio mi pare legittimo: ma non era meglio rimanere?! Io, cocciutamente, ogni anno mi ritrovo a pensarlo. Gesù non avrebbe forse potuto fare di più e meglio se fosse rimasto quaggiù sulla terra, anziché salire lassù nel cielo? Sono passati duemila anni e l’annunciato regno di Dio non sembra essere tra le cose più evidenti di questo mondo. Anzi, la storia umana sembra ancora procedere secondo il triste adagio homo homini lupus. Non era allora meglio se il Signore risorto fosse rimasto visibilmente quaggiù? Avremmo potuto ricevere i suoi auguri a Natale e Pasqua, ascoltare la sua voce con l’ipod, vedere il suo volto in televisione, leggere ogni giorno le sue parole di vita attraverso Internet. Che male c’era, in questo possibile scenario?! Ogni anno questi sono i pensieri che sorgono nella mia mente, provando a meditare la clamorosa uscita di scena di Gesù dalla storia e dal mondo. Allora mi chino sulle Scritture per ritrovare il significato non immediatamente accessibile di questo mistero, per offrire a Dio l’occasione di spiegarmi di nuovo il senso profondo della sua volontà, abbandonando la pretesa di «conoscere tempi o momenti» che egli «ha riservato al suo potere» (At 1,7), aspettando invece «la forza dallo Spirito Santo» (1,8).


Tocca a noi

Luca è l’autore che più diffusamente ci parla dell’Ascensione, raccontandoci che Gesù, dopo la sua risurrezione, è rimasto un po’ di tempo con i suoi amici, ancora impauriti e ignari di quale grande destino stava ad attenderli: «Si mostrò vivo agli apostoli, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio» (At 1,3). Poi, senza timore e senza ingenuità, presenta loro l’altro Consolatore promesso, il suo successore: «Tra non molti giorni sarete battezzati in Spirito Santo» (1,5). I discepoli non capiscono subito il regalo che stanno per ricevere. Il loro malcelato desiderio è che sia ancora Dio in prima persona a stupire e a compiere meraviglie: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?» (1,6). Anche noi viviamo spesso questo atteggiamento un po’ irresponsabile, desiderando e invocando ulteriori segni e conferme, quando invece il Signore ci vede ormai adulti e capaci, pronti a essere «testimoni» del suo amore «fino ai confini della terra» (1,8). Il primo significato dell’Ascensione è che ora tocca a noi, perché il Signore, dopo aver donato «il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,23), se ne è andato. Per sempre. È del tutto inutile restare «a guardare il cielo» (At 1,11) col naso all’insù, imbambolati e impauriti. L’avventura del vangelo continua sulla terra. Tra polvere e cielo. Nella penombra di una storia ormai salva perché abbracciata dall’amore infinito di Dio, eppure ancora tutta affidata alla nostra libertà.


Non ovunque

Prima di consegnare ai discepoli questa grande sfida, il Maestro «aveva loro indicato» (Mt 28,16) un luogo di appuntamento: i monti della Galilea, le sponde verdi e soleggiate della Palestina dove per anni essi avevano scoperto e coltivato la gioia e la passione per il regno dei cieli. Qui Gesù appare loro, senza imporre la sua presenza in modo schiacciante. «Quando lo videro – scrive Matteo –, si prostrarono. Essi però dubitarono» (28,17). Ma senza nemmeno il timore di riconsegnare a loro una favolosa missione: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (28,18-20). In questo episodio si nasconde un altro significato dell’Ascensione molto importante per noi. Ci sono luoghi e tempi favorevoli per incontrare il Risorto. Sebbene tutto il creato canti la gloria di Dio, esistono occasioni specifiche e speciali dove ci è dato di poter crescere nella fede, di conoscere e accogliere la parola di Dio, di fare esperienza dell’amore trasformante del Padre.


Ovunque

In questi luoghi e in questi tempi di ascolto scopriamo che c’è per noi una meravigliosa cosa da fare: amministrare il «potere» di Cristo. In cosa consiste questo potere, che è in fin dei conti la missione della Chiesa? Anzitutto nel far diventare tutti discepoli, cioè persone libere di apprendere la vita da un Maestro, di provare e sbagliare, di usare fantasia e coraggio, di non dover nascondere limiti e peccati, di poter rinunciare a molte cose, ma mai a se stesse. Poi di mostrare un Dio che non è autorità o paternalismo, ma armoniosa relazione: Padre, Figlio e Spirito Santo. Infine di proclamare senza paura che è possibile osservare la parola del vangelo nella misura in cui si è e ci si sente amati fedelmente, dentro e oltre ogni personale contraddizione. Questo è il bellissimo compito di ogni cristiano: diffondere ovunque il volto di Dio, condurre le cose verso la loro bellezza, favorire l’incontro con l’amore di Cristo, insegnare a vivere in obbedienza a uno Spirito di verità e di libertà, promuovere il senso di giustizia, di solidarietà di fratellanza. Sapendo che in questa bellissima, folle avventura non siamo mai soli: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (28,20). Lo aveva capito bene una straordinaria discepola di Cristo vissuta nel secolo scorso, testimone di quanta umile fierezza il mistero dell’Ascensione possa dare a una vita che si abbandona alla radicalità del vangelo: «Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità. Noi crediamo che niente di necessario ci manca, perché se questo necessario ci mancasse Dio ce lo avrebbe già dato» (M. Delbrel).


Commenti

sr anna nobili ha detto…
Siamo il corpo di Cristo
insieme siamo la sua pienezza
siamo pieni perché lui compie in noi questa pienezza.
Quanti nomi hanno la pretesa di colmare i nostri cuori ma un solo Nome è al di sopra di ogni nome
Il suo nome porta in se un significato che il mondo ha depauperato
Lui è Amore ed è questo che Lui compie in noi ed è il comando, il compendio di tutta
la Scrittura
Un amore più forte di ogni nostra morte di ogni nostra idolatria o egolatria
Chi si è lasciato amare ama e non ha più paura di amare
Questo è il nuovo regno che costa la fatica di sapersi donare
fino allo spezzare dei propri corpi l’uno per l’altro e
senza riserve, contro corrente fino a quando nel cuore dell’altro regni il Nome.
Grazie PADRE a te ogni prostrazione FIGLIO in te ogni danza SPIRITO SANTO!!!