Mercoledì della II settimana - Tempo di Pasqua

Letture: At 5,17-26 / Sal 33 / Gv 3,16-21


LIBERI DENTRO



Gli apostoli dovettero affrontare numerosi ostacoli per rendere testimonianza alla risurrezione di Gesù, tra cui l’arresto e la reclusione: «Il sommo sacerdote con quelli della sua parte, fatti arrestare gli apostoli, li fecero gettare nella prigione pubblica» (At 5,17-18). Mentre essi cercavano di annunciare una parola di vita e di libertà ricevevano in cambio una dura persecuzione. Gli apostoli cominciavano a rivivere lo stesso cammino fatto di resistenza e di persecuzione già percorso dal Maestro. Con il non trascurabile vantaggio però di vivere all’indomani della sua Pasqua, sostenuti e guidati dallo Spirito Santo effuso nei loro cuori il giorno di Pentecoste. Accompagnati da questa invisibile guida, che ardeva nei loro cuori come luce e fiamma, gli apostoli furono spettatori di avvenimenti straordinari, momenti di autentica liberazione dai pericoli e dalle barriere che si ponevano sulla loro strada. Così accadde durante la notte dopo la prima incarcerazione a causa di Gesù: «Un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: “Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita”» (5,19-20). Fu davvero un misterioso miracolo! Quando le guardie andarono a verificare la loro presenza trovarono «la prigione scrupolosamente sbarrata» (5,23) e si «domandavano perplessi a loro riguardo che cosa fosse successo» (5,24). Nel frattempo gli apostoli erano nel tempio, liberi di annunciare a tutti la gioia del del Signore risorto: «Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire» (Salmo responsoriale).


A guardarlo bene, si tratta di uno strano miracolo, perché non determina una vera e propria modificazione degli impedimenti alla missione apostolica, che di fatto restano e anzi si moltiplicano: «Allora il comandante uscì con gli inservienti e li condusse via, ma senza violenza, per timore di essere lapidati dal popolo» (5,26). Eppure lascia intuire come agli apostoli, nella loro missione, fosse assicurata una certa libertà, soprattutto «dentro» le situazioni più difficili. Una specie di libertà «interiore» che li rendeva agili di muoversi al di là degli ostacoli e degli impedimenti.

Posto in questi termini, il prodigio di cui parlano gli Atti diventa figura di una condizione che ogni cristiano può sperimentare grazie alla Pasqua del Signore Gesù. Se infatti la Quaresima ci è servita a disporci con ogni cura a ricevere la grazia della conversione, nel tempo di Pasqua dobbiamo imparare a fissare lo sguardo sul dono di Cristo e ad assimilarlo, progressivamente. Di fronte alle sue mani ormai distese sul trono della croce, possiamo imparare a credere che nessun giudizio di condanna è pronunciato sul mondo, ma una luce grande splende su ogni creatura. È la luce dell’amore infinito di Dio, che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Questa luce non è una bacchetta magica in grado aprire tutte le barriere che si pongono davanti a noi. È invece una forza interiore che sempre può infonderci quella libertà che serve al compito affidato alla nostra umanità: diventare figli del Padre e fratelli di tutti.


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