Festa di S. Mattia, apostolo

Letture: At 1,15-17.20-26 / Sal 112 / Gv 15,9-17


SCELTI



La ricorrenza liturgica di Mattia, l’apostolo «che fu associato agli undici apostoli» (At 1,26) dopo la scomparsa di Giuda l’Iscariota, diventa ogni anno l’occasione per ridestare in noi lo stupore, riguardo ai modi attraverso cui il Signore chiama a diventare partecipi della Chiesa e del suo ministero nel mondo. L’antifona di ingresso ci offre le parole più adatte per entrare nel clima di questa festa: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituito, perché andiate e portiate frutto». Mattia rappresenta il primo di una lunga serie di apostoli che il Signore ha scelto e costituito non direttamente, ma attraverso la mediazione della comunità dei credenti. Le parole con cui Pietro indica i requisiti necessari per ripristinare il collegio dei Dodici, ci fanno capire che Mattia apparteneva al folto gruppo di quei discepoli che avevano accompagnato l’intera vita pubblica del Maestro: «Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione» (1,21-22). Tuttavia il modo con cui la preferenza è andata su di lui anziché su un altro possibile candidato - «Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto» (1,23) - può apparire ai nostri occhi alquanto stravagante: «Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia» (1,26).


Per quanto possa risultare inappropriato il metodo adottato per l’elezione di Mattia - che infatti verrà presto integrato con forme più caute e riflessive dalla stessa comunità (cf. 6,3-6; 13,2-3) - il suo ingresso nel collegio apostolico può essere una luce con cui rileggere i modi e i tempi con cui anche noi ci troviamo coinvolti nella vita e nella missione della Chiesa. Non sempre infatti le circostanze che accogliamo in nome del vangelo corrispondono alle nostre attese e al nostro gradimento. Spesso - forse il più delle volte - dobbiamo ammettere che «il disegno d’amore della volontà» (Ef 1,5) di Dio si compone per ciascuno di noi proprio dietro al velo, arbitrario, talvolta assurdo e indecifrabile, della realtà quotidiana. Eppure è proprio così che le scelte di Dio si intrufolano nelle nostre vicende e ci chiamano a vivere l’esodo da noi stessi, «non in un modo da attirare l’attenzione» (Lc 17,21) della nostra intelligenza e dei nostri narcisismi, ma in circostanze banali e ordinarie, talvolta persino buffe e stravaganti. Potremmo dire che, a un certo punto, non conta più la forma, quando scopriamo che il Signore ci considera suoi amici: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Ciò che conta è saper cogliere, nelle circostanze più o meno favorevoli in cui la nostra vita si trova, l’occasione per vivere l’amore più grande: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,12-13). In fondo san Mattia rappresenta bene ogni discepolo: siamo tutti pezzi aggiunti, umanità associate alla vita di Dio in forme che, se anche possono sembrare occasionali, non sono mai involontarie. Perché tutti siamo stati da Dio «scelti», cioè da sempre desiderati e amati.


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