Mercoledì delle ceneri - Tempo di Quaresima

Letture: Gl 2,12-18 / Sal 50 / 2Cor 5,20-6,2 / Mt 6,1-6.16-18


COL PIEDE GIUSTO



Oggi noi cristiani iniziamo la Quaresima. Ci introduciamo in un tempo speciale, per permettere allo Spirito Santo ricevuto nel battesimo di convertire al vangelo i passi della nostra vita. Il mercoledì delle ceneri segna l’inizio di quaranta giorni, un «momento favorevole» (2Cor 6,2) per ritornare a Dio e quindi a noi stessi. Le Scritture, sapientemente scelte per avviare questo tempo forte, ci aiutano a partire col piede giusto, affinché l’impegno quaresimale possa essere un autentico « combattimento contro lo spirito del male » e una « vera conversione » (cf. Colletta) del nostro cuore alla « compassione » (Gl 2,18) che il  « Padre » (Mt 6,1) ha per ogni uomo.


Il difficile movimento della nostra conversione è, anzitutto, qualcosa che Dio desidera e ci propone di vivere. La voce di Gioele, profeta del post-esilio, ce lo ricorda subito: «Così dice il Signore: ‘Ritornate a me con tutto il cuore’ » (Gl 2,12). All’inizio della Quaresima non c’è una nostra iniziativa, ma l’indistruttibile voglia che Dio ha di incontrarci ancora. La conversione, secondo il vangelo, non è un intenso sforzo che siamo chiamati a compiere per togliere il brutto dalla nostra vita. Anzi, molti perfezionamenti della nostra umanità sono addirittura controproducenti, quando li facciamo per essere « lodati » (Mt 6,2) e « visti » (6,5) dagli altri in una luce migliore. Si tratta di una pessima abitudine che il Maestro Gesù nel vangelo deplora apertamente: « State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre che è nei cieli » (6,1). La conversione si sviluppa invece a partire da una nostra disponibilità a lasciarci « riconciliare con Dio » (2Cor 5,20), e quindi a ricominciare a tessere il filo prezioso della nostra umanità in sua compagnia.


Tuttavia, il nostro cuore sbilenco e malizioso ha bisogno di compiere dei gesti per aprirsi autenticamente alla luce di Dio, e così « non accogliere invano » (6,1) la forza trasformante della sua bontà. Per questo le Scritture ci ricordano che in Quaresima ci serve fare qualcosa, ci serve pregare «con pianti e lamenti» (Gl 2,12) e utilizzare le armi che lungo i secoli hanno ammaestrato l’animo di tanti discepoli: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Proprio nel compiere questi semplici gesti, il nostro cuore può riscoprire la gioia di donarsi agli altri, l’assoluta importanza di ascoltare la parola di Dio e l’urgenza di staccarsi un po’ dai propri appetiti per volare più in alto.


La Quaresima inizia nella misura in cui siamo disposti a riconoscerci peccatori, se ammettiamo con sincerità che siamo una freccia che non va a segno, un cuore che resta mezzo vuoto, un misterioso caos da cui talvolta esce il male. Altrimenti risuonano senza effetto le parole dell’apostolo: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2Cor 5,21). Siamo peccato, è vero. Ma Dio si è fatto peccato per farci ritornare giusti, capaci di vita. Siamo polvere, è vero. Ma polvere abitata dall’amore paziente di Dio, luogo santo dove dimora il suo perdono incondizionato. La Quaresima è un tempo favorevole se permettiamo a questa volontà di Dio di raggiungere la nostra debolezza, cioè se ci lasciamo amare, costruendo cammini di riconciliazione con noi stessi e con gli altri.


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