Presentazione del Signore (festa)

Letture: Mal 3,1-4 / Sal 23 / Eb 2,14-18 / Lc 2,22-40


LUCE TRA LE BRACCIA



La liturgia della festa di oggi si apre con un suggestivo lucernario, un gesto fortemente simbolico che introduce la celebrazione eucaristica. Tutti i fedeli sono invitati ad accogliere tra le mani una candela, quindi a entrare processionalmente dentro la chiesa custodendo «tra le braccia» (Lc 2,28) la luce, simbolo per eccellenza della manifestazione di Dio. È un rito semplice, ma ricco di significato. Esattamente quaranta giorni dopo il Natale, la comunità dei credenti si ricorda che «la luce vera» (Gv 1,9) - venuta nel mondo attraverso la carne di Gesù Cristo - non ha bisogno soltanto di essere accolta ma anche restituita, per poter diventare chiarore «che illumina ogni uomo» (1,9), luogo di salvezza per tutti. È un gesto che vuole imitare l'atteggiamento di Maria, la vergine che ha saputo allargare le braccia all'irruzione di Dio nel suo giovane grembo, senza mai considerare questa elezione «un privilegio» (Fil 2,6), bensì un servizio da assumere fino alle conseguenze più estreme: «E a anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). Il Vangelo dipinge la madre di Dio proprio così, quando insieme a Giuseppe si recò al tempio per offrire il suo primogenito come dono «sacro al Signore» (2,23), secondo ciò che «prescrive la legge del Signore» (2,24). In questo atto di riconoscimento e di restituzione, la Chiesa riconosce l'essenza più profonda della sua missione nel mondo: accogliere e offrire il Salvatore del mondo che redime la storia passando attraverso il fragile tempio della nostra umanità.


Non è un caso che proprio in questo giorno la Chiesa faccia memoria del dono della vita consacrata, l'esperienza ininterrotta di tanti uomini e donne che, in una vita donata come e insieme a quella di tutti i fratelli e sorelle in umanità, esprimono il desiderio di una radicale dedizione al regno di Dio offrendosi ai fratelli come un segno che «può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vita cristiana» (Lumen Gentium, 44). Sappiamo che la vita consacrata non si pone primariamente in relazione con la struttura gerarchica della Chiesa, «tuttavia appartiene inseparabilmente alla sua vita e alla sua santità» (LG 44). Essa perciò è come una fiaccola che rammenta alla Chiesa stessa non tanto ciò che essa deve fare, quanto ciò che esse è continuamente chiamata a essere, prima e al di là di ogni ruolo assunto: due braccia aperte che accolgono la luce della rivelazione di Dio e, al contempo, la offrono al mondo attraverso la testimonianza di una vita ispirata alla logica delle beatitudini. In tal modo si mantiene vivo il ricordo che la «gloria di Israele» (Lc 2,32) è la «salvezza» (2,30) di Dio offerta a «tutti i popoli» (2,31), dal momento che il «Cristo» ha deciso di avere «in comune» con la nostra umanità «il sangue e la carne» (Eb 2,14). Per questo egli è in grado di «venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (2,18) e di liberare noi tutti, «soggetti a schiavitù per tutta la vita» (2,15).


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