Venerdì - XV settimana del Tempo Ordinario

Letture: Is 38,1-6.21-22.7-8 / cf. Is 38 / Mt 12,1-8


VOLUBILITÀ



Siamo soliti pensare che Dio - almeno lui - non sia incline a mutare con facilità e frequenza le sue idee, che il suo pensare e il suo agire siano connotati da una certa inalterabilità. Alla radice di questo pensiero sta la speranza che in Dio gli aspetti più importanti della vita - come bontà, bellezza e verità - non vengano mai meno. Non come succede quaggiù, dalle nostre parti, dove si fatica a essere fedeli e costanti nelle cose che contano.


Oggi le Scritture in certo modo ci sorprendono, mostrandoci un Dio così sensibile al bisogno dell’altro da essere capace di cambiare idea e di rettificare le decisioni stabilite. Il Signore Gesù, camminando con i suoi discepoli «in giorno di sabato fra i campi di grano», non pensa minimamente di rimproverarli, quando essi cominciano a raccogliere le «spighe e a mangiarle» (Mt 12,1). Anzi, quando i farisei - fissati nella Legge e in un Dio fisso nei suoi irrevocabili decreti - non trovano di meglio da fare se non mettersi a giudicare i discepoli, facendoli colpevoli di aver avuto «fame» (12,3), il Maestro mostra loro come la Bibbia riveli il volto di un Dio duttile, sensibile e flessibile alla storia degli uomini: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa?» (12,3.5).


La stessa immagine di Dio traspare dalla prima lettura, dove il re Ezechia, «mortalmente» ammalato e dichiarato senza speranza dal profeta Isaia: «Da’ disposizioni per la tua casa, perché tu morirai e non vivrai» (Is 38,1) si concede la libertà di esprimere tutti il suo desiderio di salvezza attraverso le lacrime e la preghiera: «Guariscimi e rendimi la vita» (38,16). Il Signore ascolta la sua preghiera e vede le sue lacrime e modifica i suoi piani: la città di Gerusalemme sarà salvata dalla «mano del re d’Assiria» (38,30), la «ferita» del re «guarirà» (38,21). Ci sarà persino un segno a indicare il cambio di programma: «E il sole retrocesse di dieci gradi sulla scala che aveva disceso» (38,8).


Ci sono momenti nella vita in cui non possiamo sottrarci alla necessità di questa verifica, passaggi delicati in cui è indispensabile sapere se possiamo dare ascolto ai nostri bisogni oppure dobbiamo mortificarli. Spesso «un gran pianto» (38,3), attraverso cui ci prendiamo la libertà di manifestare al cielo cosa vogliamo e cosa amiamo davvero, è la via più diretta per tornare a scoprire che Dio, da noi e da tutti, vuole soltanto la «misericordia e non i sacrifici» (Mt 12,7). Solo quando troviamo il volto di un Dio capace di essere volubile, riusciamo a curvarci sulle forme irregolari della nostra storia per tornare a combaciare con noi stessi. Nella speranza di poter diventare persone libere e amanti.


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