Santissima Trinità - Anno C

Letture: Pr 8,22-31 / Sal 8 / Rm 5,1-5 / Gv 16,12-15


NOI LO ABBIAMO VEDUTO



Dopo averlo cercato e invocato nel tempo di Quaresima, dopo averlo celebrato e acclamato nei giorni della Pasqua, oggi Dio ce lo guardiamo e basta! La festa della Santissima Trinità, che si celebra all’indomani della Pentecoste, non pone al centro della riflessione qualcosa che il Signore ha fatto per noi, ma semplicemente ciò che egli è. I teologi, lungo i secoli, hanno cercato di definire questo mistero di un solo Dio in tre persone, cercando di spiegare come unità e distinzione non abbiano problemi a coesistere nella Trinità. Il dogma del Dio Uno e Trino non è l’impossibile addizione matematica 1+1+1=1, ma il riassunto di quello che abbiamo veduto e capito di Dio, quando il suo volto si è manifestato pienamente in Gesù di Nazaret.


Dio comunione

Già nei tempi antichi le Scritture raccontavano di un Dio che «fin dal principio» (Pro 8,23) non amava stare da solo. Accanto a lui, agli «inizi della terra» (Pr 8,23), c’era la Sapienza, una presenza misteriosa ma talmente importante da apparire già come una persona. Dio non è dunque un essere statico e solitario, ma è scambio di vita fin dall’eternità. Solo nella pienezza dei tempi però, quando Gesù di Nazaret è apparso nella storia, abbiamo compreso fino a che punti ciò fosse vero. Nell’incarnazione di Cristo, Dio è apparso come il Padre che dona tutta la sua vita al Figlio, nel vincolo di un Amore indistruttibile. È quanto Gesù stesso afferma nel Vangelo: «Tutto quello che il Padre possiede è mio» (Gv 16,15). Infine, dopo la sua morte, abbiamo scoperto una terza bellissima realtà del mistero di Dio, quella di cui parla san Paolo ai Romani: «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Il mistero della Trinità si è pienamente manifestato: Dio non è solo Padre e Figlio, ma anche Spirito che nella nostra umanità si manifesta come energia e desiderio di amore. In termini più moderni, potremmo forse dire che Dio è famiglia, comunione di relazioni ben riuscite, tre Persone, che vanno così ‘d’amore e d’accordo’ da essere e apparire come una cosa sola. Ecco perché l’unica creazione nella quale siamo immersi è una meravigliosa esplosione di bellezza e di diversità, perché proviene da un Dio trinitario, traboccante di vita.


Noi comunione

Ma se Dio è Trinità e la sua natura è una realtà di meravigliose relazioni, allora anche noi - creati a sua immagine e somiglianza - siamo chiamati a cercare il senso della nostra vita proprio nelle relazioni che viviamo con gli altri. Certo, sono proprio le relazioni spesso la nota dolente del nostro spartito esistenziale. Capita di guastarle con l’egoismo, di interromperle con il tradimento, di logorarle con l’indifferenza. Poi nella vita capita pure di rimanere soli, per poco o tanto tempo, ed è un dolore grande. Immenso, talvolta. Ma la festa della Trinità ci ricorda che non è questo il nostro destino. Dio ci ha regalato un’esistenza che ha bisogno di realizzarsi nei rapporti di amicizia, solidarietà e amore che possiamo costruire giorno per giorno. Ecco perché quando falliamo in questo ambito non stiamo trasgredendo una morale, ma la nostra stessa natura, la nostra «verità» (Gv 16,13). Siamo frecce che non vanno a bersaglio. Peccatori, direbbe il Maestro Gesù.

Sotto la guida dello Spirito

La Trinità non è infatti un concetto da capire, ma un dinamismo in cui entrare. Il Signore nel vangelo ha spiegato ai discepoli che è attraverso lo Spirito che abbiamo «accesso a questa grazia» (5,2), di poter partecipare alla vita stessa di Dio. Dice Gesù: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13). Con queste parole il Maestro non ha voluto prometterci una specie di oracolo in grado di svelarci misteri o avvenimenti in anticipo, una sorta di tom-tom esistenziale per guidarci lontano dai pericoli. Ha voluto invece rivelarci che lo Spirito desidera introdurci sempre di più all’interno delle relazioni di amore che esistono nella Trinità, e che i rapporti che stiamo vivendo sono una vera e propria chiamata a trasformare la nostra vita in quella di Dio. Allora possiamo guardare con nuova speranza a noi, alle relazioni che stiamo vivendo, alla famiglia che ci siamo scelti o ci è capitata. Sebbene i nostri occhi possano scorgere molti problemi, difficoltà, fallimenti, la festa della Trinità ci esorta a non disperare, ma a riprendere in mano i legami che abbiamo iniziato a costruire, perché ormai «noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 5,1), nelle nostre sconfitte siamo compresi e perdonati. Il Dio trinitario rimane sempre con noi a sostenerci e a illuminarci, per farci diventare simili a lui: capaci di donare, ricevere e - infine - diventare amore, che è «tutta la verità» (16,13) della vita del mondo.



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