Giovedì della III settimana - Tempo di Quaresima

Letture: Ger 7,23-28 / Sal 95 / Lc 11,14-23


PRO O CONTRO



Il tono di rammarico, che risuona nell’animo del profeta Geremia, e nelle parabole a cui il Maestro Gesù ricorre nel vangelo di oggi, è un pungolo capace di raggiungere il nostro cuore. Anzi, è una salutare verifica della nostra disponibilità ad accettare « la correzione » (Ger 7,28) e la « voce » (7,23) che Dio rivolge a noi « con assidua premura » (7,25). Il popolo di Israele cade sotto il rimprovero del Signore per non essere in grado né di ascoltare, né di prestare orecchio alla sua parola. La Scrittura sacra descrive il mancato ascolto come un’incapacità di assumere due atteggiamenti: l’ascolto e le tensione dell’orecchio. Solo così, per Geremia, si può realizzare obbedienza alla voce di Dio. Non semplicemente ascoltando, ma anche allungando l’orecchio, cioè orientando il nostro desiderio ad una novità che solo dall’esterno può venire a modificare il corso della nostra vita.


La difficoltà ad ascoltare la parola di Dio è condensata in questa duplice sfida, che spesso falliamo o disertiamo. Mentre ascoltare, anche se distrattamente, è vocazione quotidiana a cui siamo generalmente capaci di rispondere, tendere l’orecchio richiede una pazienza e una apertura di cui il nostro cuore è sprovvisto. Ed è un peccato, perché le promesse di Dio sono splendide: « Ascoltate la mia voce, e io sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici » (7,23). Talmente belle da scacciare quello spirito « muto » e musone che tiene in carcere la nostra gioia di vivere: « uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore » (Lc 11,14).


Eppure in noi si attivano difese, fuoriescono censure non appena Dio manifesta che la logica dell’amore è capace di risanare gli angoli oscuri e danneggiati della nostra umanità. « È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni » (11,15) esclamano alcuni davanti al miracolo di Gesù, del tutto simili a quei nostri « padri » (Ger 7,25) nella fede che « hanno reso dura la loro cervice » (7,26) piuttosto che lasciarsi orientare dal « dito di Dio » (Lc 11,20) verso i « sentieri sconosciuti » (Is 42,16) del suo regno.


Continuare il cammino della quaresima significa - tra le altre cose - accettare il fatto che Dio abbia voluto mettersi in dialogo con noi, affinché dalla nostra libertà potessero fiorire scelte autentiche, belle e responsabili. Per questo la conclusione del vangelo non deve risuonare come una minaccia, ma come una profezia a cui donare ascolto, a cui allungare l’orecchio: « Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde » (Lc 11,23).


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