Venerdì - I settimana del Tempo Ordinario

Letture: 1Sam 8,4-7.10-22 / Sal 88 / Mc 2,1-12


ANDARE



Il Signore non si lascia trascinare facilmente dietro i nostri capricci, dicevamo ieri. Ciò nonostante, talvolta ci permette di andare per le strade che ci siamo messi in testa di percorrere. Israele, attraverso la figura rappresentativa dei suoi «anziani» (1Sam 8, 4), chiede al profeta Samuele di ottenere da Dio una struttura politica più forte: «Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro giudice, come avviene tutti i popoli» (8,5). In questa richiesta, è possibile riconoscere la fatica del popolo scelto da Dio a sentirsi diverso dagli altri popoli, e a gestire la libertà di avere Dio come unico re. Corrisponde alla esigente responsabilità di essere stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, quindi potenzialmente capaci di vivere e agire come uomini liberi.


Non di rado, noi tutti, preferiamo una minore libertà, che ci garantisca un immagine più evidente davanti agli altri. Anziché esprimere la nostra regalità, scegliamo di diventare servi della monarchia di turno, capace di offrirci una piccola ma immediata identità. Abbassiamo il tiro, voliamo basso, diventiamo dei salariati anziché dei figli liberi.


Dio - splendido - non fa l'offeso davanti alle nostre involuzioni. Lascia invece che gustiamo il frutto amaro della nostra immaturità. Dice il Signore a Samuele: «Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro. [...] Ascoltali: lascia regnare un re su di loro» (8,9.22).


L'immagine del paralitico nel Vangelo esprime bene la conseguenza, talvolta invisibile, della nostra rinuncia alla libertà. Diventiamo immobili, incapaci di lanciare la nostra vita in qualunque direzione. La solidarietà degli altri e la compassione di Dio sono l'unica opportunità di salvezza che possiamo attendere e invocare. Proprio come scrive Marco: «Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: 'Figlio, ti sono perdonati i peccati. [...] Alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua'» (Mc 2,5.11).


Il perdono di Dio, al di là dei suoi aspetti più rituali, è il dono di amore che ci restituisce la nostra regalità. Davanti ad un Dio così solidale con noi da essere disposto a farsi carico dei nostri errori, noi ritroviamo l'unico «re» che può essere il vero «giudice» (1Sam 8,6) della nostra vita. Davanti a lui - il Padre - noi impariamo a camminare coraggiosamente verso la nostra vera «casa», quel luogo in cui tutti siamo fratelli.


Commenti