Santa Famiglia - Anno C

Letture: 1Sam 1,20-22.24-28 / Sal 83 / 1Gv 3,1-2.21-24 / Lc 2,41-52


FAMIGLIA SANTA



La celebrazione odierna è un prolungamento della celebrazione natalizia: Dio ha voluto incarnarsi pienamente nella nostra umanità, è cresciuto all'interno di una ordinaria famiglia, indicando in tal modo che quaggiù - dalle nostre parti - abita il mistero di una vita divina. Guardando con attenzione i rapporti familiari vissuti da Gesù, Giuseppe e Maria, ci è possibile scoprire «un vero modello di vita» (Colletta) che può aiutarci a costruire «lo stesso amore» nella famiglia o dentro la comunità che il Signore ci ha donato. La cosa più importante da chiederci di fronte ad un esempio così bello e speciale credo sia questa: in che cosa consiste la sua santità?

Luoghi non comuni

Le letture ci aiutano a non dare una risposta superficiale e scontata. Anzi, in certo modo ci spiazzano, perché non ci presentano quelle virtù di unità e concordia che talvolta rischiano di diventare stucchevoli luoghi comuni. Del tipo: in una buona famiglia deve regnare la pace, il dialogo, il rispetto reciproco, non ci devono essere liti, incomprensioni, ferite. Il Vangelo ci presenta il profilo di una famiglia santa a cui non sono risparmiate affatto esperienze amare e drammatiche. Nel racconto di Luca, scopriamo che la santa famiglia è un luogo dove il figlio può prendere una strada diversa da quella che prendono i genitori, senza che questi se ne accorgano (Lc 2,43). È una famiglia dove i genitori credono che il figlio sia con loro, e invece il figlio sta già sviluppando la sua vita e la sua autonomia e non è più «tra i parenti e i conoscenti» (2,44). Cioè il figlio non è più tra le cose note ai genitori, comincia ad essere mistero e vita più grande di quella che essi possono conoscere. La santa famiglia diventa così un luogo dove i genitori devono mettersi in una faticosa e lunga ricerca del loro figlio, in un cammino segnato persino dall'angoscia (2,46.48), senza peraltro arrivare a capire fino in fondo la vita che nel figlio si sta manifestando: «Essi non compresero le sue parole» (2,50). Queste sono le caratteristiche della santità familiare in negativo.


Luogo di dialogo

Il vangelo ci presenta altri aspetti in positivo della santa famiglia; due almeno sembrano davvero importanti: l'ascolto e l'interrogazione. Gesù viene fotografato proprio così nel tempio: «Dopo tre giorno lo trovarono nel tempio seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava» (Lc 2,46). Sappiamo che un figlio manifesta spesso quello che ha imparato dai genitori, soprattutto quando è piccolo. Perciò possiamo immaginare che questa capacità di ascoltare e di domandare il piccolo Gesù l'abbia imparata proprio da Maria e da Giuseppe. Loro per primi hanno imparato ad ascoltare e a interrogare Dio, per poter offrire la loro adesione al suo progetto. La santa famiglia è una comunità di vita aperta al mistero, dove ci si sa ascoltare e si ha la libertà di porsi le domande. Infatti vediamo Maria in questo stesso atteggiamento di fronte al figlio ritrovato; non lo rimprovera e non tace, lo interroga: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Questo è davvero un segreto prezioso per la santità familiare. Molte tensioni e dolori nascono dall'incapacità di dire all'altro i sentimenti e le domande che portiamo nel cuore. Ci sono atteggiamenti e scelte che spesso non condividiamo nei nostri figli/genitori, ma non riusciamo ad affrontare la nostra angoscia nel modo giusto. Oscilliamo, maldestramente, tra un silenzio contratto e una manifestazione compulsiva dei nostri pensieri che - quasi sempre - non porta alcun frutto, anzi approfondisce le distanze.


Luogo di libertà

Maria e Giuseppe ci insegnano che per un genitore è importante comunicare il proprio stato d'animo, non imponendo però il proprio punto di vista ai figli, ma lasciando loro quella libertà con cui Dio stesso ci crea e ci educa. Quanta serenità in più ci sarebbe nelle nostre case se molte parole riuscissero a finire con il punto interrogativo, anziché con il punto esclamativo. Inoltre Maria si propone a Gesù insieme a Giuseppe: «Tuo padre ed io...» (Lc 2,48). Anche in questo c'è un forte richiamo per i genitori a manifestarsi uniti e compatti di fronte ai figli, senza scaricare su di loro le fatiche di una comunione talvolta difficile da trovare o da ricostruire. Ciò non significa fingere di fronte a loro, perché i figli capiscono immediatamente quando tra i genitori c'è qualcosa che non va. Vuol dire invece offrire ai figli la speranza in una comunione che non dipende solo dalle nostra forze, ma dalla grazia di Dio. Cosa che il piccolo Gesù sembra aver compreso benissimo, manifestando la coscienza di un legame forte con Dio già in tenera età: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (2,49)


Luogo di Dio

Proprio questa invisibile presenza di Dio, riconosciuta e vissuta, è il segreto di una famiglia in armonia. Come le prime letture ci ricordano, ogni figlio viene da Dio e a lui appartiene (I lettura) e ogni figlio di Dio è una realtà in continua trasformazione (II lettura). Una famiglia santa è una comunione umana dove non ci si dimentica mai di questa fondamentale appartenenza a Dio che ciascuno è chiamato a scoprire e a vivere. Maria e Giuseppe condividono i sentimenti di paura e angoscia che ogni genitore conosce, ma rimangono sottomessi a Dio, ricordandosi che appartiene a lui questo figlio che hanno ricevuto. Per questo riescono a rimanere uniti di fronte a Gesù e autorevoli nei suoi confronti: «Gesù partì con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso... E cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (2,51-52). Il Cristo bambino si sottomette volentieri a questi genitori che rimangono sottomessi alla volontà di Dio. Così cresce la vita e l'amore in una famiglia umana, attraverso un amore premuroso che non diventa mai ossessivo, perché non si mette mai davanti a Dio ma si apre serenamente al mistero della sua volontà. Questo è il segreto di una santità autentica, concreta e possibile ad ogni famiglia umana.


Commenti

Unknown ha detto…
Sono profondamente colto dallo stupore di fronte al mistero dell'incarnazione. Il senso teologico dello smarrimento di Gesù va ricercato nel mistero del Lógos incarnato il quale non si lascia imprigionare tra le mura domestiche. La sua missione, infatti, è stare presso il Padre perché la sua origine è nel seno d’amore del Padre (cfr. Gv 1,18). Gesù rivela così quella sovrabbondanza d’amore trinitario che si estende a tutta la famiglia umana: “guardate quale grande amore ci ha dato il Padre: siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo!” (1 Gv 3,1).