Tutti i santi

Letture: Ap 7,2-4.9-14 / Sal 23 / 1Gv 3,1-3 / Mt 5,1-12


SANTI? SUBITO!



Oggi celebriamo una grande festa, in occasione della quale nessuna chiesa potrà considerarsi vuota, nemmeno quelle in cui entreranno poche persone! Perché oggi facciamo memoria della stupenda compagnia dei santi, cioè di quella schiera innumerevole di fratelli e sorelle che hanno vissuto bene i loro giorni in questo mondo e sono già entrati nel mistero della vita eterna e nella comunione con Dio. Riguardo a queste figure dovremmo forse fare un opportuno chiarimento, perché spesso di loro abbiamo un'idea un po' distorta, o almeno idealizzata. Al punto che, invece di essere i nostri compagni di strada che ci aiutano a vivere meglio, li vediamo come personaggi straordinari assai lontani dalla banalità dei nostri giorni. A partire dalla giusta intenzione di sottolinearne le virtù, corriamo il rischio di vedere la loro vita come un'irreale successione di miracoli e prodigi, trascurando quegli aspetti più ordinari della loro esperienza umana.


Tanti

Ascoltiamo dunque le letture e proviamo a scoprire cosa ci dice la Rivelazione dei santi e della santità. Nel libro dell'Apocalisse riceviamo già una sorprendente informazione: i santi sono tanti, tantissimi! Non è vero che le persone buone e giuste sono poche nel mondo, il testo dell'Apocalisse afferma che i santi sono «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua» (Ap 7,9). Certo, noi uomini siamo più inclini a mettere in primo piano i cattivi e gli ingiusti, come facciamo sui giornali e in televisione. Perché è nella nostra natura tentare di esorcizzare ciò che ci fa paura e ci atterrisce mettendolo in mostra. Con il pessimo risultato che tutti ne diventiamo più facilmente partecipi e conniventi. Invece agli occhi di Dio quello che trionfa e merita di essere evidenziato è proprio il bene e la grande schiera di persone che lo hanno compiuto e lo compiono.


Amati

C'è poi un secondo aspetto da osservare. Cosa fa questa moltitudine? «Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello» (7,9) e cantavano, anzi gridavano un canto: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello» (7,10). Nessuno si vanta o si gloria per la propria santità, ma tutti riferiscono la loro salvezza unicamente al Dio che si è donato e rivelato sul trono della croce. Sembra quindi che i santi non siano affatto le persone che, attraverso un grandissimo impegno di vita, si sono meritate un bel posto di onore nel regno di Dio. Al contrario appaiono come persone che, dopo una vita intera, sono riuscite a capire che la salvezza è il dono che Dio fa all'uomo, fragile e peccatore. Lo conferma la conclusione della lettura, quando «uno dei vegliardi» (7,13) descrive questa immensa moltitudine di persone dicendo: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell'Agnello» (7,14). Detto in altri termini: i santi sono le persone che hanno compreso «quale grande amore ci ha dato il Padre», secondo la bella espressione usata da san Giovanni nella seconda lettura (1Gv 3,1). E hanno compreso che questa offerta d'amore da parte di Dio, così larga e incondizionata, ottiene già un effetto straordinario: la possibilità di sentirsi e chiamarsi «figli di Dio» (3,1). E non si tratta di una semplice metafora! Figli di Dio «lo siamo realmente!» (3,1) esclama san Giovanni. Non si tratta di un'idea troppo difficile da comprendere e da credere. È sufficiente pensare a quello che ha fatto Dio, facendosi come noi e per noi morendo sulla croce. Questo ci mostra quanto valiamo ai suoi occhi, quanto sia vero il suo desiderio di volerci a sua immagine e somiglianza, per poter regalare per sempre la sua vita eterna. Siamo dunque figli di Dio, perché il Padre tiene tantissimo a noi, tanto da donarci tutto, persino se stesso!


Responsabili

Tuttavia «ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1Gv 3,2), perché restiamo persone libere e in cammino verso l'eternità. Pertanto questa nostra condizione di santità 'in embrione' è affidata alla nostra responsabilità e alla nostra libera scelta. Dio ci dona tutto ma non vuole obbligarci, altrimenti non potremmo essere autenticamente felici del suo progetto; non lo sentiremmo nostro! Ecco allora il senso del Vangelo delle beatitudini (Mt 5,1-12), che ci ricorda e ci rivela qual è la vera vita, quella che ci fa diventare uomini e donne felici, capaci e libere di amare fino in fondo. Le beatitudini di Gesù ci dicono un'ultima cosa riguardo alla santità, forse la più importante. La santità è la nostra felicità che già qui in questo mondo possiamo scoprire e vivere. Essere santi significa semplicemente riuscire a vivere secondo quel progetto che Dio ha pensato per noi. Significa accogliere la chiamata ad essere poveri, miti, semplici, affamati di giustizia, costruttori di pace, disposti a pagare le conseguenze e i costi dell'amore. Allora i santi non sono persone da invidiare troppo, ma da guardare con gioia, come quell'umanità riuscita che ci infonde speranza, perché ci aiuta a credere che vivere bene è possibile. Anzi forse sono loro ad avere un po' di invidia verso di noi. Perché noi abbiamo qualcosa che i santi non hanno più: l'occasione di spendere i nostro giorni con passione per compiere il disegno di felicità che Dio ha preparato per noi! Sì, noi abbiamo ancora il tempo e la storia, la libertà per decidere in che modo fare della nostra vita un'avventura d'amore. Ora è il nostro tempo per passare attraverso la grande tribolazione e lavare le nostre vesti nel sangue dell'Agnello. Ora è il nostro tempo per appassionarci alla vita che Dio ci dona, per conoscere il suo amore, per viverlo, per raccontarlo. Non c'è da attendere, non c'è da rimandare! La santità, se vogliamo, comincia adesso. Subito!


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