Giovedì della VI settimana del tempo di Pasqua

Letture: At 18,1-8 / Sal 97 / Gv 16,16-20


UN POCO



La legge della gradualità, che le Scritture di ieri ci ricordavano essere un indispensabile criterio di vita, si traduce in una certa distensione del tempo nel quale possiamo imparare a riconoscere il disegno di Dio per noi. Dice il Signore Gesù nel Vangelo: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete» (Gv 16,16). Parole brevi e piuttosto misteriose, davanti alle quali – come minimo – sorge in noi la stessa reazione «dei suoi discepoli» (16,17): «Che cos'è questo 'un poco', di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire» (16,18). La spiegazione del Maestro non è chiarissima, ma straordinariamente profonda: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (16,20). Ai discepoli vengono annunciate future prove e tribolazioni, che tuttavia saranno fonte di gioia per il mondo; una comprensibile profezia della loro testimonianza. Gesù afferma anche che la tristezza non sarà un tragico epilogo, dal momento che ad essa succederà sicuramente una gioia. Attraverso queste parole, dense di mistero e di profezia, sembra che Signore stia cercando di convincere il cuore dei discepoli verso quella quantità infinitesimale di vita, che noi spesso definiamo semplicemente «un poco», capace di consentire alle cose e agli avvenimenti di rivelarsi fino in fondo. 


Non è infatti sufficiente «un poco» perché il nostro cuore passi dal dolore alla gioia? Non è «ancora un poco» l'invocazione che sgorga dal cuore quando viviamo dei bei momenti, quando siamo insieme alla persona amata, quando la mattina al suono della sveglia ci piacerebbe rimanere coricati? Eppure è proprio questo «poco» – di tempo, di pazienza, di disponibilità – che non riusciamo più a sopportare quando la vita si complica e si ottenebra. Come è accaduto all'apostolo Paolo il quale, dopo aver scelto di dedicarsi «tutto alla Parola» per testimoniare «davanti ai Giudei» che «Gesù è il Cristo» (At 18,5), cominciò a collezionare rifiuti e porte in faccia. I suoi connazionali infatti «si opponevano» al Vangelo che egli annunciava e «lanciavano ingiurie» (18,6) anziché aprirsi alla novità di Dio. Dovette aspettare «un poco» Paolo prima di capire che, attraverso questo rifiuto, si stava rivelando una nuova strada per compiere la volontà di Dio. «D'ora in poi me ne andrò dai pagani» (At 18,6) esclamò infine l'apostolo. E, infatti, accadde che «molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare» (At 18,8). Paolo cominciò a diventare l'apostolo dei pagani, il grande annunciatore di coloro che, pur non appartenendo alla stirpe di Israele, cominciavano ad entrare in quella di Abramo, attraverso la fede nel Figlio di Dio, Gesù Cristo.


Anche a noi è annunciata la buona notizia che «un poco» nella vita è tutto ciò che fa la differenza. La vocazione a cui Dio ci chiama, la missione che affida alla nostra povertà la scopriamo soltanto rimanendo con disponibilità dentro quelle assurde e incomprensibili parentesi che la vita mai ci risparmia. Momenti di buio e di solitudine che possono, inaspettatamente, aprirsi ad una nuova e più profonda comprensione del mistero di Dio. E quindi anche di quel mistero che sono i nostri passi in questo mondo.


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