Martedì - VI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gen 6,5-8; 7,1-5.10 / Sal 28 / Mc 8,14-21


COME MAI?



Il diluvio: bel mistero! Il testo della Genesi, al di là di una facciata crudele e spietata, ci racconta di come Dio non riesca a tollerare che «la malvagità degli uomini» sia una «grande» evidenza «sulla terra» (Gen 6,5). Ci informa di come il «male», quando esce dal cuore dell'uomo, entra nel cuore di Dio. E lo ferisce. Noi talvolta ci abituiamo a fare e a vedere il male. Dio non ce la fa proprio; si addolora: «E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo» (6,6). Poi prende una decisione: «Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato» (6,7). Ci è un po' scomodo riconoscerlo, ma le cose stanno proprio così: a volte è necessario un nuovo inizio per ridare vita ad una vita che si è riempita di troppa morte. Esistono momenti in cui non sono più sufficienti le correzioni e gli aggiustamenti, occorre modificare le fondamenta. Ma non è la cancellazione dell'esperienza umana il progetto che passa nella mente di Dio e assume la forma di un universale diluvio, dal momento che «Noè trovò grazia agli occhi del Signore» (6,8). Agli occhi dei primi cristiani il diluvio è apparso non tanto come un gesto di distruzione, ma di ri-costruzione dell'umanità. È san Pietro nel Nuovo Testamento ad operare una lettura in positivo dell'evento, sottolineando che «poche persone furono salvate per mezzo dell'acqua; figura, questa, del battesimo, che ora salva voi» (1Pt 3,20-21). L'attenzione è posta sul valore salvifico delle acque, che coprono, purificano e rigenerano. Nel cuore di un cristiano non è difficile pensare al diluvio come un simbolo potente del progetto di salvezza che si è, infine, realizzato nell'incarnazione e nel mistero pasquale del Signore Gesù.


La scena evangelica si inserisce con grande naturalezza in questo universo simbolico. Gesù e i discepoli stanno sopra le acque, dentro la b-arca e, osserva Marco, «non avevano con sé sulla barca che un pane solo» (Mc 8,14). È appena avvenuta la seconda moltiplicazione dei pani, i cuori e i volti sono ancora avvolti dalla fragranza del pane, eppure la preoccupazione riesce già ad agitare l'animo dei discepoli che pensano: «Non abbiamo pane» (6,16). Il Maestro li ammonisce: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!» (8,15). I discepoli hanno visto i segni del pane, ma non ne hanno ancora compreso il senso; sono ancora affascinati da altri modi di gestire la vita: l'ipocrisia dei farisei, la potenza di Erode. L'apparire e il potere sono le tradizionali forme con cui ci illudiamo di nutrire e migliorare la nostra esistenza. Ma sono un inganno. Dividendo i pani con gratitudine, il Signore ha appena indicato un'altra direzione di vita, che è forte nella debolezza, autentica nella povertà. Ma è una strada difficile da accettare e percorrere. Ogni discepolo viene continuamente sedotto e lusingato da altre vie. Ecco perché il Signore non dice e non fa nulla, ma solleva le domande. Tante: «Non capite ancora?» (8,21). Talvolta la Parola di Dio non ci dà risposte, che spesso hanno il nefasto effetto collaterale di acquietare il vigore della coscienza. Ci lascia interrogativi, che possono percuotere l'intelligenza e provocare la volontà. A noi resta così l'audacia della risposta. L'azzardo della libertà.


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