Giovedì dopo le ceneri - Tempo di Quaresima

Letture: Dt 30,15-20 / Sal 1 / Lc 9,22-25


SCEGLIERE



Esiste la possibilità di fraintendere il segno delle ceneri che ha dato avvio al tempo di quaresima. Anziché esortarci ad una vita più autentica, si potrebbe insinuare in noi un rassegnato torpore: siamo tutti povere e polvere ritorneremo, un unico e ineluttabile destino ci attende! Le Scritture sacre scelte per oggi ci impediscono di formulare simili pensieri, ricordandoci quanto sia fondamentale e determinante la nostra libertà di scelta. Ad un popolo che, uscito dalla schiavitù, si trova dinanzi al dono della terra Mosè rivolge un preciso monito: «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male» (Dt 30,15). Per quanto Dio possa e voglia condurci davanti ai suoi doni, non può e non vuole costringerci ad accoglierli. Ad un certo punto lascia che la nostra libertà si manifesti pienamente. Naturalmente il Dio creatore ha idee molto chiare su cosa sia la vita e la morte, per questo non ha esitato a donarci «comandi», «leggi» e «norme», utili istruzioni «perché tu viva e ti moltiplichi» (30,16). Ma sa bene quanto facilmente il nostro «cuore» sappia volgersi «indietro», ingannato e sedotto da «altri dei» (30,17) che ci conducono verso la morte.


Questa stessa voce accompagna l'inizio del nostro cammino quaresimale, che volendo essere una conversione a Dio pone idealmente anche noi davanti alla terra della vita e della libertà, dove il Signore Signore morto e risorto attira a sé tutta la creazione. E, forse sarà banale, ma il primo effetto che questa voce vuole suscitare è la memoria della nostra facoltà di scelta, diretta conseguenza del nostro essere creature libere. La quaresima non può cominciare se non ritroviamo la coscienza di essere realmente gli artefici del nostro destino. Dio prende «a testimoni» persino «il cielo e la terra» per assicurarci che le cose stanno proprio così: «davanti» a noi stanno «la vita e la morte, la benedizione e la maledizione» (30,19). Per questo – solo per questo – il Signore si permette di impartirci un comando: «Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (30,19). Per due motivi infatti si ricorre all'imperativo: quando si vuole annullare la libertà dell'altro – e non sembra essere il caso di Dio – oppure quando si vuole indicare una cosa importante che l'altro altrimenti rischia di non raggiungere. 


Noi infatti crediamo di sapere dove stia la vita e siamo abbastanza sicuri di camminare ogni giorno nella giusta direzione. Eppure le parole del Maestro ci mandano sempre in crisi: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24). Proviamo sempre un brivido quando ascoltiamo col cuore queste parole. Abbiamo infatti imparato, con gli anni e con i secoli, a fabbricarci un sacco di idoli con cui tentiamo di salvarci la pelle: dalle malattie, dai colpi della vita, dai traumi del cuore, dalle ferite dell'anima, dal diverso, dallo straniero. Ma niente e nessuno riesce ad offrire alla nostra vita una salvezza piena e autentica. Tentiamo di «guadagnare il mondo intero» (9,25), senza trovare un vero motivo per cui vivere e morire, dimenticandoci che siamo cenere e che l'unica cosa che porteremo fuori da questo mondo saranno gli atti e le scelte di amore. Nient'altro. Nient'altro davvero! 


Forse allora non sono poi così assurde e paradossali le parole del Vangelo che oggi ci chiedono di scegliere, senza indugiare «nella via dei peccatori» (salmo responsoriale): «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (9,23). Forse sono le parole più sensate per raddrizzare subito i passi della nostra quaresima.


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