Feria dopo l'Epifania – 9 gennaio

Letture: 1Gv 4,11-18 / Sal 71 / Mc 6,45-52


IL FATTO DEL PANE



Il tempo di Natale si avvia verso la sua conclusione, ed è venuto il momento di verificare se e quanto il mistero dell'incarnazione abbia saputo incidere nella nostra fede e nel nostro cammino di vita. Come i discepoli dopo la moltiplicazione dei pani e dei pasci faticavano a capire «il fatto dei pani», anche noi potremmo avere un «cuore indurito» (Mc 6,52) che non ha saputo accogliere la grazia autentica il senso profondo del Natale. Il Maestro Gesù ha appena compiuto un segno che rivela la presenza di una grazia straordinaria nel mondo: con poco cibo condiviso, «furono saziati cinquemila uomini» (6,44). È la novità dell'amore di Dio che, ponendo la sua tenda in mezzo all'umanità, ci dona la possibilità di moltiplicare la vita mettendola in comunione «gli uni gli altri» (1Gv 4,11). Secondo la riflessione del Nuovo Testamento sta proprio qui il vero frutto del Natale: «Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci» (4,11). Tuttavia questa possibilità di vita è davvero una fragilissima energia affidata alla nostra libertà. Quel Dio che «nessuno mai ha visto» (4,12) ci ha manifestato il suo volto, affidandoci il compito di riprodurne i tratti attraverso una vita conforme alla parola del Vangelo. Affinché avessimo la forza e il coraggio di compiere gesti d'amore «ci ha fatto dono del suo Spirito» (4,13). Noi però potremmo fermarci alla superficie di questa grande chiamata, diventando simili alle persone che Gesù un giorno apostrofò: «Voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce» (Gv 5,35). 


Il Natale è una festa semplice, immediata e comprensibile, capace di scaldare il cuore suscitando in esso intenzioni di bene e di pace. Ma non ci rendiamo conto fino a che punto la sua 'magia' sia autentica se (e solo se) riesce a riaccendere in noi il desiderio di condividere nuovamente la nostra vita con i fratelli. Altrimenti quel Dio che abbiamo adorato piccolo e bambino, immensamente bello in mezzo a noi, rischia di diventare «un fantasma» (Mc 6,49) per noi e per il mondo che ancora una volta ha celebrato il Natale dei regali, dei panettoni e delle befane. Dio è venuto, certamente. Ma Dio può 'rimanere' nella misura in cui noi spalanchiamo le porte alla sua volontà buona: «Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi» (1Gv 4,12). Certo, quando decidiamo di ricominciare ad amare e di manifestare al mondo la gioia che Dio ci dona, subito ritroviamo quel «vento contrario» (Mc 6,48) che tante volte ci ha fatto rinnegare il nostro essere discepoli di Cristo. Anzi, ci ha fatto rinnegare semplicemente la nostra umanità. Però il Vangelo ci ricorda – e ci assicura – che anche quando noi tentiamo di rinunciare alla nostra identità di uomini nuovi e alle conseguenze dell'amore, il Signore non smette di «pregare» (6,46) per noi, custodendo i nostri volti nel suo grande cuore. E anche se il mondo non l'ha visto, anche se noi tante volte non sentiamo la sua presenza, oggi la sua voce risuona sicura e forte in mezzo a noi: «Coraggio, sono io, non temete!» (6,50).


Commenti