Lunedì - XXII settimana del Tempo Ordinario

Letture: 1Cor 2,1-5 / Sal 118 / Lc 4,16-30


IN DEBOLEZZA



L'apostolo e il Maestro oggi sono pienamente concordi: il «lieto messaggio» (Lc 4,18) non si impone con artifici e strategie, ma è una parola di «liberazione» (4,18) che si offre umilmente al nostro ascolto e alla nostra libertà. Dio non può fare a meno di venire a noi in questo modo, nella «debolezza» (1Cor 2,3) di una voce che bussa e attende.


Paolo appare molto deciso a non fondare su economie umane la «fede» (1Cor 2,5) nel «messaggio» (2,4) di salvezza: «Gesù Cristo, e questi crocifisso» (2,2). Ha appena vissuto l'esperienza fallimentare di Atene (cf At,17,16-34) dove aveva cercato di incantare l'Areòpago dei filosofi «con sublimità di parola» (2,1) e «discorsi persuasivi» (2,4) fondati sulla «sapienza umana» (2,5). Questa bruciante sconfitta lo ha ricondotto al cuore della «testimonianza di Dio» (2,1) e gli ha ricordato che la rivelazione del Vangelo non è un'opera di umana persuasione, ma un mistero fondato «sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza» (2,4).


Anche nel discorso inaugurale con cui, nella narrazione lucana, il Maestro Gesù avvia la sua predicazione troviamo la stessa, rocciosa determinazione nel manifestare la «grazia del Signore» (Lc 4,19) ormai pienamente accessibile nella sua stessa persona: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (4,21). Dopo aver scelto con cura la parola profetica, e aver catturato il desiderio di salvezza presente nel cuore di «tutti» (4,20), che con «trepidazione» (1Cor 2,3) sembrano essere aperti e disponibili all'ascolto, Gesù annuncia di non sapere altro che questo: ai «poveri», ai «prigionieri», ai «ciechi» agli «oppressi» è ormai spalancata la porta della «libertà» (Lc 4,18). Gesù sta invitando i suoi concittadini ad aprirsi alla «manifestazione dello Spirito» per accogliere la «debolezza» (1Cor 2,3) della «grazia del Signore» (Lc 4,19). Purtroppo gli abitanti di Nazaret pensano di conoscere già molto bene la persona umile del Rabbi Gesù, e non riescono a contemplare nella sua umanità il mistero della «potenza di Dio» (1Cor 2,5) che si è fatta carne. E lo cacciano fuori. Lo costringono ad andare in esilio dal «monte» delle loro certezze e dalla «loro città» (Lc 4,29), fondata troppo in alto. Troppo superbamente.


Sempre l'annuncio debole della misericordia di Dio si scontra con la nostra supponente presunzione di star bene e di non aver bisogno di alcun «medico» (4,23). Davanti ad un Amore che – in debolezza – ci offre il suo aiuto, si ridesta la carne rimossa della nostra debolezza nascosta. Il nostro cuore si colma di sdegno e caccia «fuori» (4,29) la parola di salvezza che ha bisogno solo della nostra «fede» (1Cor 2,5). Per fortuna non riusciamo a gettare «giù» (Lc 4,29) l'impeto del Vangelo, il quale sa bene quando andarsene (cf 4,30) e quando tornare.


Commenti

Anonimo ha detto…
....ai poveri,aiprigionieri,ai,ciechi,agli oppressi è spalancata la porta della libertà...di quali poveri stai parlando,in che mondo vivono? non certo questo dove le difficoltà economiche impegnano cosi' tanto da impedire di alzare lo sguardo;dove la povertà culturale appiattisce e l'unico desiderio è avere soldi per vivere come ci mostra la nostra diseducativa tv.Il Signore ci ama ma ha uno strano modo di manifestarlo,a volte sembra il grande assente o forse ha affidato agli uomini un compito troppo grande e impegnativo :prendersi cura degli oppressi,dei ciechi e cosi' via ma gli ha dato gli strumenti?ciao