Mercoledì - XIX settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ez 9,1-7;10,18-22/ Sal 112 / Mt 18,15-20


FINO ALLO STERMINIO



Sterminare significa condurre a termine. Distruggere, abbattere, mandare in perdizione sono tutti legittimi sinonimi di questa inquietante forma verbale che la Scrittura del Primo Testamento pone oggi nelle intenzioni di un Dio acceso di collera per le «nefandezze» e le «violenze» (Ez 8,17) che si compiono in mezzo al suo popolo. Vedendo il dilagare dell'ingiustizia, Dio decide di sterminare la sua amata «casa di Giuda» (8,17) per opera di «sei uomini ciascuno, con lo strumento di sterminio in mano» (9,2). È un testo tremendo che ci pone di fronte ad un volto divino assolutamente spietato: «Colpite! Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio» (9,5-6). La rabbia del cielo sembra volersi scagliare senza freni proprio sulle categorie più deboli e indifese del popolo. C'è però una feritoia di luce in questo testo profetico e tenebroso, un particolare di estremo interesse sul quale deve soffermarsi la nostra attenzione: «un uomo vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco» (9,2). A questo misterioso personaggio, che appare subito come una presenza pacifica e autorevole, il Signore dice: «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono» (9,4). Accanto all'intenzione di punire il popolo, il linguaggio antico e duro del Testamento Antico registra anche nel cuore di Dio il desiderio di impartire un'ultima, disperata benedizione al suo popolo infedele. Quasi un estremo tentativo di poter rinunciare a mettere in atto la pena che il popolo merita a causa della sua impenitente condotta: «Non toccate chi abbia il tau in fronte» (9,6).

 

San Francesco, capace di scoprire come «l'economia veterotestamentaria sia in movimento verso Cristo» (Pontificia Commissio Biblica, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, 21), era rimasto colpito e affascinato da questa figura misteriosa che già i santi Padri avevano riletto come anticipatrice della persona di Cristo che con la sua Croce (dalla forma simile alla lettera tau) ha proiettato un'ombra di salvezza sulla fronte dell'intera umanità, come ricordava oggi lo stesso canto al Vangelo: «Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione». Se poniamo al centro della riflessione la volontà di preservare il popolo dallo sterminio, il testo di Ezechiele può diventare anticipazione di quella volontà di perdono che Gesù ha manifestato pienamente nella sua vita e nei suoi insegnamenti. Nel Vangelo di oggi ritroviamo questa logica di misericordia pienamente espressa nel discorso ecclesiastico sulla correzione fraterna. Gesù insegna ai suoi discepoli ad esprimere una crescente capacità di riammettere nella comunione il fratello che «commette una colpa» (Mt 18,15), anche quando egli «non ti ascolterà» (18,16). La parola del perdono è difficile da accogliere, per questo il Maestro comanda ai suoi discepoli di aumentare il volume di questa voce di salvezza quando il peccatore non riesce ad ascoltarla, fino a coinvolgere tutta la chiesa: «Se poi non ascolterà... dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano o un pubblicano» (18,17). Che significa: se tutta la comunità non riesce a suscitare la conversione del peccatore, ricordatevi che egli è come un pagano, un pubblicano, cioè una pecorella che si è perduta, di cui il Signore andrà ancora una volta alla ricerca. Come ha fatto con Matteo, il pubblicano convertito che ha scritto queste parole!

 

Fino allo sterminio, dunque, dicono oggi a noi le Scritture. Fino a sterminare il giudizio con la misericordia senza limiti, perché ogni persona che incontriamo porta sulla fronte il segno dell'amore infinito di Dio. Ogni persona che incontriamo – dice il Signore – è «il tuo fratello» (18,15).


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